A colpi di decreti, poi convertiti in legge senza troppi sussulti, il governo Conte e la maggioranza che lo sostiene hanno fronteggiato con determinazione l’emergenza sanitaria portata dal Covid 19. Alla fine anche dall’Unione europea è arrivata la reazione sperata ma non per questo scontata. Ci sono opinioni discordanti sul grado di efficacia dei singoli provvedimenti nazionali ed europei, ma non si può negare che sia in corso un gigantesco sforzo economico e finanziario...
A colpi di decreti, poi convertiti in legge senza troppi sussulti, il governo Conte e la maggioranza che lo sostiene hanno fronteggiato con determinazione l’emergenza sanitaria portata dal Covid 19. Alla fine anche dall’Unione europea è arrivata la reazione sperata ma non per questo scontata. Ci sono opinioni discordanti sul grado di efficacia dei singoli provvedimenti nazionali ed europei ma non si può negare che sia in corso un gigantesco sforzo economico e finanziario proporzionato alla gravità dell’emergenza che sta cambiando il nostro modo di vivere.
Ecco, il punto è proprio questo: la nostra vita quotidiana sta mutando ma forse ci siamo illusi che i sussidi pubblici e i sostegni all’economia possano essere illimitati. E invece dobbiamo cominciare a ragionare in termini di «nuova normalità» almeno fino a quando la scienza non sarà in grado di debellare il virus misterioso. Anzi, probabilmente ulteriori risorse andrebbero indirizzate sulla ricerca di vaccini e cure.
Eppure stiamo vivendo una fase schizofrenica. Convincerci che tutto sta veramente andando bene perché l’economia non può reggere un altro lockdown ci sta portando dritti dritti dentro una seconda ondata pandemica che finirà per realizzare proprio quanto più temiamo. L’estate del finto distanziamento ne è la riprova: spiagge affollate di giorno e mascherine ignorate nei locali notturni, viaggi senza mezza precauzione «perché un po’ di divertimento ce lo siamo meritato», rientri alla chetichella e contagi allargati e ora crescenti.
Certo, la stagione turistica è meno incerottata del previsto e probabilmente il terzo trimestre ci regalerà un sussulto del pil. Ma pensare in queste condizioni di riaprire le scuole stabilmente è ancora un’idea sensata? Per non parlare di riportare i tifosi allo stadio. Inutile illudersi che imporre regole e vincoli possa servire a qualcosa. Progettare di rincorrere la normalità pre-Covid è sbagliato. Non abbiamo le risorse economiche per mettere una toppa a un secondo lockdown. A meno che non riteniamo inevitabile il dilagare di una nuova ondata di contagio e accettabile il relativo prezzo da pagare in termini di vite umane.
Allora siamo chiamati a camminare lungo lo stretto e impervio sentiero della riduzione del danno. E convincerci che costa meno programmare le perdite economiche derivanti da una inevitabile prudenza e rallentamento delle nostre attività quotidiane, piuttosto che porre riparo dopo alle rovinose conseguenze di un bis di quanto accaduto a marzo e aprile. Sappiamo che cosa significherebbe: uffici e fabbriche chiuse, invece che solo a regime ridotto, attività ferme anziché momentaneamente diradate, ospedali sommersi dalle emergenze. Situazioni che non possono essersi dissolte nelle nostre menti sotto il solleone estivo, dimenticare è da irresponsabili.
Sarebbe paradossale che proprio l’Italia, la prima nazione a reagire con vigore sfidando le ironie internazionali, adesso abbandoni la strada del buonsenso. D’altronde i dati Ocse certificano come il negazionismo e la superficialità si siano trasformati in un boomerang economico per la Gran Bretagna, l’unica ad aver toccato una flessione del pil del 20% tra i Paesi occidentali. E potremmo aggiungere anche qualche valutazione sulla Brexit, alla faccia degli antieuropeisti. Ma questo è un altro tipo di «epidemia».