Sosteneva Mark Twain che la verità non si è ancora messa le scarpe che le bugie hanno fatto già il giro del mondo. Il caustico scrittore si esprimeva così in un tempo in cui l’accesso ai mezzi di comunicazione era riservato a pochi eletti. Oggi che chiunque, in tempo reale, può far conoscere al mondo le proprie opinioni e senza alcun obbligo di attenersi ai fatti, altro che allacciare le scarpe: della verità se ne può proprio fare a meno.
Ed è seguendo questa logica che cominciano a diffondersi anche in Europa e in Italia i gruppi di cosiddetti «negazionisti». I primi in verità erano stati gli inguaribili nazisti che avevano negato l’Olocausto. Menzogna troppo grande per fare presa a livello popolare. Possiamo dire allora che i moderni negazionisti hanno origine negli Stati Uniti, dove esistono ormai consolidate tradizioni, e il loro atto di nascita è la messa in dubbio dello sbarco sulla Luna. Una teoria che ha fatto e continua a fare più proseliti di quanto si immagini. Il famoso «passo dell’umanità» compiuto da Armstrong sarebbe stato in realtà una camminatina in uno studio televisivo allestito segretamente in un capannone della Nasa.
Ipotesi affascinante, anche se verrebbe da chiedersi come mai nessuno delle migliaia di tecnici, ingegneri, informatici, progettisti e poi registi, attori, elettricisti coinvolti nella finta missione e nella ripresa del presunto film abbia mai svelato il segreto.
Comunque, da allora è stato un susseguirsi di negazioni e indimostrati complotti, che hanno trovato un altro momento di grande popolarità nell’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle di New York. Qui in realtà non viene negato il crollo dei due grattacieli (cosa onestamente un po’ difficile) ma si opina che le cose non siano andate così come le autorità e i media le hanno raccontate. Addirittura l’aereo dirottato contro il Pentagono sarebbe stato un’altra messinscena alla pari dello sbarco sulla Luna.
In Europa e in Italia i negazionisti fino a non molto tempo fa erano sparuti gruppi, spesso guidati da eccentrici personaggi, trattati a livello di curiosità mediatica. Ma dopo un evento straordinario come la pandemia da Coronavirus, le teorie negazioniste hanno avuto un rinnovato vigore, aiutate da una diffusione sempre più massiccia di vere e proprie
o di espressioni che, seppure pronunciate da autorevoli scienziati, estrapolate dal contesto scientifico, sono micidiali quanto le bugie. Secondo costoro, o almeno secondo la «corrente» scesa in piazza nei giorni scorsi, il Covid-19 è una bufala, non c’è mai stato e medici, politici, scienziati ci hanno raccontato una serie di balle. E i morti? Beh, normali decessi di soggetti deboli colpiti da influenza e che prima o poi se ne sarebbero andati ugualmente. Semplice, no?
Nel negazionismo confluisce quell’universo di teorie generate dalla convinzione che io ho sempre ragione, anche rispetto alla realtà delle cose, come per esempio fanno i «terrapiattisti». Per cui nella galassia negazionista confluiscono i complottisti, cioè coloro che dietro un qualunque fatto sono convinti che ve ne sia un altro nascosto, architettato da poteri segreti con obiettivi ancora più segreti; vi sono i «benaltristi», cioè coloro che scartano ogni problema ponendo l’attenzione su «ben altra questione»; vi sono i sovranisti, che nella possibilità di decidere ciò che è vero e ciò che è falso vedono rafforzata la loro autonomia da ogni contesto sovranazionale ovvero si smarcano da ogni decisione che non sia la loro; vi sono i razzisti, poiché negano quell’uguaglianza fra persone che non può essere smentita da nulla; vi sono i relativisti, cioè coloro che si ritagliano su misura le regole giuridiche e morali. Quest’ultima è una categoria molto vasta e insospettata che, nell’elusione della verità, cerca il proprio tornaconto.
Il diffondersi dell’idea che la realtà non è quella che ci appare e la facilità della sua artefatta rappresentazione stanno facendo attecchire il principio negazionista anche alle nostre latitudini. Si sta creando un - per ora - piccolo movimento d’opinione che i furbetti del voto stanno coltivando con astuzia per trarne vantaggi. Le manifestazioni svoltesi nelle piazze italiane nei giorni scorsi hanno coagulato parte del malcontento generato dalla crisi post-Covid per trasformarlo in consenso elettorale. Giacché un’opinione, senza una rappresentanza nelle stanze del potere, non conta nulla.
E quindi prepariamoci alla discesa in campo dei cosiddetti «gilet arancioni» i quali, per farsi notare, al di là dello sfavillante abbigliamento, più degli altri dovranno alzare la voce nel chiassoso circo mediatico. Questo spiega gli insulti a Mattarella e tutti gli altri che verranno. Nel frattempo la povera verità di Mark Twain le scarpe deve ancora tirarle fuori dall’armadio.