La riapertura? «Un pensiero stupendo». La hit di Patty Pravo è la colonna sonora della giornata simbolo per il ritorno alla normalità dell’Italia e della Puglia ferite dal Coronavirus. La riconquista di tante piccole libertà che davamo per acquisite prima del Covid, a Bari inizia dalla mattina: il caffè del bar di Via Roberto da Bari non è più consumato furtivamente in bicchieri di plastica, ma nella «tazzulella» tradizionale, tenuta in mano come una reliquia che si desiderava da tempo stringere. Finalmente.
La distanza dagli altri avventori è un obbligo e quando involontariamente si accorcia, in tanti ricordano di non accalcarsi. E con gli amici di sempre i sorrisi sono lì a surrogare gli abbracci, per ora rimandati. Succede in salumeria, in edicola, davanti alle vetrine delle multinazionali, dove le code sono inevitabili.
«Un pensiero stupendo» è anche l’ingresso nella sala del barbiere: chi scrive aveva una chioma così riccioluta da meritarsi il soprannome di «novello Lucio Battisti» e la sosta da Riccardo ha segnato il ritorno all’agognato taglio da «marò». Nulla è come prima però: mascherina per il cliente e mascherina per il parrucchiere, mani disinfettate dall’amuchina, capelli asciugati con teli di carta assorbente, dialoghi un po’ surreali e ingessati dalla pandemia. Intatta resta solo la bellezza discinta sul calendario (eredità dei clan maschili), mentre sono scomparsi i quotidiani dai vari tavolini (considerati degli strumenti di libero veicolo di contagio, una delle tante storture da limare nei prossimi giorni). Merita un plauso Antonio Vasile, vicepresidente di Aeroporti di Puglia, che ha limato le sue (residue) chiome già alle 00,01, un giro di orologio dopo la riapertura dei barbieri…
«Un pensiero stupendo» è poter revocare la clausura dei propri cari over 70: una liberazione simbolica che passa dal tornare nella gelateria abituale, per una coppetta di cioccolato «Sette veli» da gustare come un premio per aver rispettato - e gli anziani lo hanno fatto davvero con rigore - tutte le prescrizioni per contenere l’infezione polmonare. Fanno una straordinaria tenerezza i nostri nonni, gioiosamente impacciati, che tentennano tra il desiderio di gustare il gelato e la lentezza nel momentaneamente spogliarsi della mascherina. Le prescrizioni per gli anziani sono ancora severe, gli inviti sono a uscire solo per le vere necessità, ma non sarebbero i nostri nonni - con l’immenso bagaglio di affetto ed esperienza da tramandare - se non declinassero tra le priorità anche una passeggiata mano nella mano con il proprio nipotino…
«Un pensiero stupendo» è tornare nelle librerie e cercare compulsivamente un romanzo di Gaetano Cappelli, indossando per le mani due buste di plastica, prescritte dal protocollo. Qui gli assembramenti sono rari, ma la comunità dei lettori ha ritrovato l’estasi del perdersi tra gli scaffali o tra i consigli degli avventori sulla biografia di Limonov scritta da Emmanuel Carrère, un dialogo su «Il socialismo è morto. Viva il socialismo!» di Carlo Formenti o «Saggezza» di Michel Onfrey, o un invito a non perdere «La ragione e il buonsenso. Conversazione patriottica sull’Italia», scritto a quattro mani da Ferruccio de Bortoli e dal barese Salvatore Rossi.
«Un pensiero stupendo» è poter chiamare il proprio oste-confessore-amico per una cena rilassante. «Alessandro, c’è un tavolo per due in pizzeria?». Riaprono tutti i ristoranti con prescrizioni rigorose: prenotazione obbligatoria per tracciare le presenze, camerieri con guanti e mascherine, e sale con tavoli sparpagliati in ossequio al distanziometro.
«Un pensiero stupendo» anima lo sguardo di chi osserva la vetrina del quadrilatero murattiano alla ricerca di un capo per la comunione della propria bambina, perché il commercio, soprattutto a Sud, è vita, dialogo e contaminazione.
«Un pensiero stupendo», infine, è riscoprire la preghiera nella propria comunità e riassaporare l’ebbrezza del sacro e del dialogo con Dio (per chi ha il dono della Fede) specchiandosi nella pietra bianca della Basilica di San Nicola, della Cattedrale o nel calore della propria parrocchia. «Ci siamo commossi celebrando la prima messa della mattina. Noi che officiavamo con i fedeli tra i banchi», confessa don Francesco Preite del Redentore di Bari. Il primo giorno vola via così, lasciando nei cuori segni di quotidianità che aiutano a ritrovare la speranza.