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La tentazione di scoraggiare il lavoro e la produzione

 
Giuseppe De Tomaso

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Giuseppe De Tomaso

Economia: nel 2019-2023 Potenza crescita zero

Come sarà l'anno che verrà? Il Belpaese avrebbe bisogno di una scossa benefica che però tarda a materializzarsi

Domenica 22 Dicembre 2019, 15:28

18:59

Non sarà facile l’anno che verrà. Non sarà facile perché la conflittualità politica, dentro e fuori la coalizione di governo, è quella che è. Non sarà facile perché si avvicinano le elezioni regionali, di per sé, come ogni verifica territoriale, foriere di ripercussioni anche sullo scenario politico nazionale. Non sarà facile perché lo stallo dell’economia persiste a dispetto di tutte le invocazioni e imprecazioni (contro il solito destino cinico e baro). Non sarà facile perché la società civile appare di anno in anno sempre più sfilacciata e in preda a furori di ogni tipo. Solo la Nazionale di calcio di Roberto Mancini induce all’ottimismo: davvero poco per inneggiare alla ripresa o ritenersi parzialmente appagati.

Il Belpaese avrebbe bisogno di una scossa benefica che però tarda a materializzarsi, dato che, a differenza di quanto accaduto in passato, gli italiani non hanno molta voglia di affrontare sacrifìci, avendo sperimentato gli agi della società signorile di massa, secondo l’azzeccata definizione partorita da Luca Ricolfi.

Anche il linguaggio, complice la manipolazione internettiana, contribuisce a generare confusione, a diffondere credenze, a ribaltare verità.

L’economia è la palestra più frequentata dagli acrobati delle narrazioni. Tutti sollecitano più investimenti, ma nessuno si preoccupa di trovare le risorse necessarie. Tutti, a parole, lamentano il peso eccessivo del debito pubblico, ma nessuno fa nulla per alleviarlo. Tutti mettono i giovani in cima alle loro preoccupazioni, ma nessuno, o quasi, avverte il pericolo del maxi-indebitamento, autentico macigno sulla strada delle nuove generazioni. Tutti denunciano lo straripamento degli apparati pubblici, ma nessuno, o quasi, si oppone ai propositi di nuove infornate nei gangli dell’amministrazione. Tutti vogliono difendere la previdenza, ma nessuno vuole ammettere che l’aumento della vita media richiede un continuo rialzo dell’età pensionabile.

Quanto al denaro da accumulare per sostenere la società signorile di massa, pare che esso sia la nuova variabile indipendente, com’era ritenuto il salario nei comizi dell’autunno caldo (1969).

Eppure non ci vuole molto a capire che non ci sarebbero spese pubbliche senza risparmi privati, e che senza prelievi da quest’ultimi ogni Stato alzerebbe bandiera bianca già prima di scendere sul campo di battaglia.

È vero che a costringere, per forza, giovani e vecchi alla lettura, allo studio, all’approfondimento, si ottiene l’effetto contrario: la repulsione nei riguardi dei libri. È vero che, come insegnava il grande Gianni Brera (1919-1992) l’italiano tipo è strutturalmente un analfabeta di ritorno e che solo il giornalismo sportivo lo avvicina alla lettura. Ma è altrettanto vero che lo studio di romanzi come I promessi sposi di Alessandro Manzoni (1785-1873) e I Buddenbrook di Thomas Mann (1875-1955) possono giovare al buon governo individuale e collettivo più di qualunque testo accademico.

Il capolavoro di Manzoni, spesso studiato di malavoglia al ginnasio per demerito di docenti e metodi discutibili, non è solo il romanzo di una nazione, ma è anche un minitrattato di economia e giustizia. Manzoni conosce e spiega benissimo l’economia, le cause della scarsità e dell’abbondanza dei beni sul mercato, lo spiega meglio di un docente universitario. Idem sulla giustizia. Le pagine de I promessi sposi sulla disconnessione tra diritto e giustizia sono folgoranti, oltre che esilaranti. Per non dire di un’opera legata al mega-romanzo, ci riferiamo alla Storia della colonna infame, il saggio-requisitoria contro le ingiustizie commesse della Giustizia.

Ecco. Ristudiare Manzoni sarebbe assai utile in un Paese alle prese con importanti decisioni su economia e giustizia (vedi il caso prescrizione). Così come sarebbe utile rileggere Leonardo Sciascia (1921-1989), lo scrittore giurista che più si avvicina, in materia, allo scrittore giurista Alessandro Manzoni.

Ma anche I Buddenbrook potrebbero servire ad analizzare il caso Italia meglio di dieci corsi ad Harvard. La storia della decadenza di una famiglia borghese tedesca dell’Ottocento è la metafora della crisi morale che può colpire una nazione quando i suoi princìpi etici fondanti precipitano nel listino della Borsa Valori, provocando più danni di un crac finanziario generalizzato.
Il positivismo giuridico ha fatto dell’Italia il terreno di gioco del formalismo esasperato. Ma ciò non sarebbe bastato a frenare la crescita e l’inventiva del Belpaese se non si fosse aggiunto, a questo scenario, anche un clima di radicata indifferenza al lavoro e di malcelata, spesso dichiarata, ostilità allo sviluppo industriale.

Con questi presupposti, c’è poco da fare o da sperare. Soprattutto nel Sud, dove, tra l’altro, la tensione morale che in Germania aveva fatto la fortuna dei Buddenbrook, non si era mai impersonificata in una borghesia consapevole del suo ruolo di guida morale oltre che economica.

Servirebbe un nuovo senso del dovere, direbbe un redivivo Aldo Moro (1916-1978). Invece, dal cilindro spuntano solo idee assistenzialistiche, tese a redistribuire, mentre scarseggiano le iniziative orientate a produrre. Un Paese avanzato e ambizioso, invece, dovrebbe preoccuparsi di redistribuire le opportunità più che la ricchezza, che, tra l’altro, potrebbe essere moltiplicata all’infinito, come dimostra la storia del genere umano. Semmai è la povertà il principale nemico da combattere, non certamente la ricchezza. Né si può immaginare di risolvere i problemi dell’Italia più povera istituendo l’«eredità di cittadinanza» per i 18enni, come pure si legge in questi giorni. Chi pagherebbe simili programmi?

La litania sulle occasioni mancate dal Sud è più lunga delle puntate tv di Montalbano. Sarebbe ora di fermarsi. Di tutto avrebbe bisogno l’Italia, in particolare il Meridione, tranne che di nuovi disincentivi a lavorare. Sarebbe pure ora di interrompere le incursioni dei signori del voto sulle ragioni dei signori della produzione. Ma vallo a spiegare.

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