l'opinione
In trappola (d'acciaio) l'intero Mezzogiorno
L’Italia è la seconda manifattura siderurgica europea con 23,4 milioni di tonnellate, 30 miliardi di fatturato e 75mila addetti dopo la Germania che da solo produce un terzo dell’acciaio europeo
Nel 1946, davanti a una commissione dell’assemblea costituente, Oscar Sinigaglia, ingegnere di famiglia ebraica, collaboratore di Alcide De Gasperi e autore del Piano Sinigaglia per la siderurgia italiana, si presentò con queste parole:
L’Italia è la seconda manifattura siderurgica europea con 23,4 milioni di tonnellate, 30 miliardi di fatturato e 75mila addetti dopo la Germania che da solo produce un terzo dell’acciaio europeo. L’export della meccanica rappresenta il 58 per cento della produzione totale salvando così l’economia e la sovranità dell’Italia. Un milione gli occupati diretti. Se cade Taranto cade l’Italia. Questa è la realtà. La politica, immemore e cognitivamente sgretolata, non solo non conosce, ma si rifiuta di conoscere attraverso lo studio e la preparazione. Nessuno dei capi politici, nelle ultime stagioni, ha dimostrato capacità strategiche, lungimiranza e lealtà verso l’Italia. L’unica angoscia è il destino personale.
Dal 2012 in poi, anno dell’offensiva giudiziaria, i diversi governi hanno approvato 13 decreti, due ogni anno. Il Parlamento, ultimo la decisione del Senato di eliminare la copertura giuridica ai gestori della fabbrica, a volte si è mosso liberamente senza alcun vincolo di direzione politica in materia industriale. Ogni decreto diverso dall’altro, in base ai mesi e ai governanti. Mai una scelta coerente con un nucleo fondamentale di indirizzo industriale. Eppure, la stessa Italsider, nei primi anni, si è mossa con grande passione e lungimiranza. Il modello era l’Eni di Mattei. Un centro di ricerca, il Csm (Centro sperimentale matriali), una scuola di alta formazione, come quella fondata da Enrico Mattei a San Donato milanese. L’Italia all’avanguardia. Poi l’avvento dell’assistenzialismo, le derive clientelari, l’assenteismo in fabbrica, i sindacati corrotti, i politici alla ricerca spasmodica di soldi, il mercato delle consulenze, il disinteresse, i fallimenti. Una dissipazione morale e materiale. Nel 1985 le perdite della Finsider avevano superato i 7mila miliardi di lire. I diversi governi si sono mossi senza un programma delineato. Anche la privatizzazione con la famiglia Riva è avvenuta solo nelle stanze politiche. La questione ambientale non è stata mai affrontata e discussa in modo sincero e trasparente. . L’esempio più drammatico viene dalla Baia di Bagnoli a Napoli.
L’impianto di Bagnoli è stato il primo della siderurgia nel Mezzogiorno, voluto da Francesco Saverio Nitti (1868-1953). Nel 1980 un ministro si presentò davanti a duemila operai e disse: m’impegno a rinnovare la fabbrica in sei mesi, il nuovo stabilimento sarà molto più produttivo, pulito e salubre. Bagnoli non ha più riaperto e ancora oggi è una distesa di lamiere arrugginite, di discariche di metalli pesanti e di terre intossicate, tutto lungo una costa stupenda.
Mai in questi anni una scelta chiara. Solo incursioni personali. E scontri, con ogni attore ripiegato sul proprio disegno, a livello locale e nazionale. Nel vuoto si è inserita la magistratura, ma la giustizia non può risolvere i problemi di politica industriale né può determinare strategie efficaci. Due i momenti significativi. La scelta del commissario Enrico Bondi, il risanatore della Parmalat, dopo gli arresti del 2012-2013 per disastro ambientale. Bondi tenta di garantire una gestione corretta e presenta un piano per affrontare la questione ambientale, inclusa la possibilità di ricorrere al gas del Tap per sostituire il carbone coke e abbattere così le emissioni. Bonifica e nuovi impianti, spesa necessaria almeno quattro miliardi. Ma i governi i soldi li vogliono per altri obiettivi e tutto viene archiviato. La speranza è che i soldi li mettano i privati. Ma le aziende private i soldi li prendono dagli azionisti e dai privati, e li spendono solo se i soldi entrano dal mercato. Negli ultimi anni in tutto il mondo c’è una sovrapproduzione di acciaio, ovunque, dall’Asia, dove ci sono i nuovi campioni, all’Europa e agli Usa, dove il gas costa un terzo rispetto all’Italia.
Secondo grosso problema. Il ceto politico non capisce quello che avviene nel mondo. C’è chi fa viaggi, solo per turismo e senza risultati perché l’Italia è amata ma non stimata. Sfide di mercato e politica mediocre. In questo intreccio drammatico si trova oggi avviluppata la comunità di Taranto, la Puglia e l’intero Mezzogiorno. Sì, perché in trappola è l’intero Sud. L’Italia non ha più capitani d’industria coraggiosi e generosi, né manager di spessore e capaci di visione. Bisognerebbe imporre la lettura dell’ultimo discorso di Enrico Mattei a Gagliano Castelferrato in Sicilia, prima dell’esplosione del suo aereo nel cielo di Bascapè, sia nelle aule politiche sia nelle aule universitarie. Forse qualche frutto verrebbe. Perché sono rari i politici capaci di usare le parole con parsimonia e capacità di contenuti logici. Solo bassa retorica, nichilistica e demagogica. Una parte consistente del Parlamento vuole la chiusura dell’Ilva e 8300 dipendenti passare allo Stato. Se avessero letto le parole di Sinigaglia e quelle di Mattei forse a qualcuno i dubbi sarebbero venuti e l’Italia sarebbe migliore.