Dopo gli episodi di Manduria
Quei genitori sempre all'oscuro, nell'epoca dell'irresponsabilità
Non sappiamo cosa c’è nelle chat dei nostri figli e la cosa sembra ormai rassicurarci, legati come siamo al vecchio adagio popolare «occhio non vede, cuore non sente»
Prima ancora che il consulente dei magistrati rassegni le sue conclusioni, stabilendo oltre ogni ragionevole dubbio se la morte di Antonio Stano sia il frutto diretto e avvelenato della malvagità del branco di ragazzini di Manduria, ci sono responsabilità che emergono già ora, senza necessità di attendere una sentenza irrevocabile. Sono quelle dei genitori dei 14 indagati e di chi aveva il dovere e il potere di intervenire per evitare l’irreparabile, ma non lo ha fatto o si è deciso a farlo quando ormai era troppo tardi.
Non sappiamo cosa c’è nelle chat dei nostri figli e la cosa sembra ormai rassicurarci, legati come siamo al vecchio adagio popolare «occhio non vede, cuore non sente». Quel motto, però, non è più declinabile al presente perché quando andava per la maggiore, stava a significare che gli occhi nulla vedevano perché niente c’era da vedere e non come oggi, invece, che nulla vedono perché non vogliono o non possono vedere.
La visione dei video che riprendono gli assalti compiuti dalla baby gang contro il povero pensionato non lascia spazio all’immaginazione, né soprattutto a giustificazioni di sorta. Se non sarà provabile il nesso causale tra la morte di Stano e le aggressioni e le angherie a cui era sottoposto, certamente sono già da ora documentati vari reati (rapina e lesioni su tutti) che non giustificano nulla e nessuno e, soprattutto, generano interrogativi sul modo con il quale i ragazzini impiegavano il loro tempo libero e l'assoluta impermeabilità che la loro condotta aveva nelle rispettive famiglie.
Chiedere a un figlio cosa fai, dove e con chi vai, può apparire anacronistico, probabilmente fa più figo gareggiare a chi ha più follower su Instagram (sempre se dai nostri figli non siamo stati bannati) ma fare domande, porsi domande, investigare o quantomeno provare a capire, rappresenta probabilmente l'unica ancora di salvezza in una società nella quale domina, anche nei centri più legati alla sana civiltà rurale come Manduria, l'individualismo digitale.
Date uno smartphone a un ragazzino e lo avrete fatto felice, fornitelo a un gruppo di poco più che bambini, e avrete un formidabile strumento di diffusione di dati, immagini e video, dal contenuto a noi adulti spesso sconosciuto.
Le ultime emergenze dell'inchiesta condotta dalla polizia a Manduria documentano che due giorni prima del vero e proprio blitz nella casa di Stano compiuto dagli agenti, i vicini avevano deciso di dire basta, sottoscrivendo un esposto per segnalare i ripetuti raid punitivi ai danni del povero pensionato, abbandonato da tutti e costretto a vivere da solo con i suoi problemi psichici. Quindi una riscossa, sia pur tardiva, c'era stata. Non così, invece, da parte dei genitori dei 14 indagati, caduti letteralmente dal pero quando i poliziotti hanno bussato alle loro porte per notificare l'avviso di accertamento irripetibile per svolgere l'autopsia sul corpo della vittima e sequestrare cellulari e computer contenenti le chat con le prove della persecuzione a cui il 66enne da mesi era sottoposto. Sorpresa, sgomento, smarrimento i sentimenti più gettonati. Poi la difesa, per ora tecnica e si spera in futuro anche tale. Niente giustizia sommaria e nessuna pena esemplare rieducheranno gli eventuali rei ma l'era della irresponsabilità, di tutti, è ora che vada in archivio.