L'intervista

«Crooning - Teatri Italiani» di Mario Biondi a Brindisi, con un trio inedito per uno show intimo

Bianca Chiriatti

Appuntamento il 14 novembre al Teatro Verdi, l'artista siciliano si racconta: «Quella volta che incontrai Quincy Jones»

Sarà il Teatro Verdi di Brindisi a ospitare, il 14 novembre, una tappa del tour Crooning – Teatri Italiani di Mario Biondi, con cui il progetto dal vivo Crooning Undercover raggiunge i 110 concerti nel mondo in soli due anni.

Una nuova declinazione dello spettacolo più intima: dall’Orchestra si passa a un trio inedito, formato da Elisabetta Serio al pianoforte, Aldo Capasso al basso e contrabbasso e Francesca Remigi alla batteria, che porterà il pubblico in un’atmosfera elegante, raccolta, per navigare tra successi consolidati e brani più recenti arrangiati ad hoc per questa formazione.

Biondi, che evoluzione vedremo sul palco?

«Forse ancora più “crooner”, sono molto felice di avere al mio fianco tre musicisti nuovi, io ed Elisabetta Serio ci siamo conosciuti in occasione dell’ultimo tour di Pino Daniele nel 2014, quando ho avuto l’onore di essere ospite in diverse date. Era la pianista di Pino e ci eravamo ripromessi che avremmo collaborato in futuro, sarebbe stato bello coinvolgere anche lui. Siamo rimasti in contatto e insieme abbiamo individuato anche gli altri due componenti del trio per questo tour, Aldo Capasso e Francesca Remigi. Eseguiremo brani che non ho mai suonato dal vivo, sarà un’esperienza tutta nuova».

Dividere il palco con qualcuno è anche una divisione di responsabilità...

«È una bellissima compartecipazione. Noi viviamo per la musica e ci nutriamo a vicenda di quelle atmosfere. Io devo garantire loro vocalità e una tenuta di palco seria, e loro danno a me un supporto armonico solido, una base e una struttura che mi permetta di muovermi in maniera agile, senza pensieri. Sul palco siamo tutti indipendenti, ma legati in maniera imprescindibile, se cade uno diventa un domino. Mi sento estremamente fortunato e contento di condividere la scena con tutti quelli con cui ho collaborato negli anni. Con il passare del tempo ti accorgi che il carattere ti porta a incontrare persone molto più simili a te: per me, ad esempio, anche i momenti prima e dopo lo spettacolo sono sacri. Gioco e scherzo tanto, ma quell’attimo di sacralità è imprescindibile».

Il pubblico, soprattutto in questi ultimi anni, ha avuto l’occasione di vederla più volte dal vivo, tanto che prima del 2025 ha in programma date in Regno Unito, Croazia, Finlandia... Cosa sente di ricevere in cambio da chi la segue?

«Rimango sempre piacevolmente stupito dal fatto che ci siano persone che mi seguono, frequentano teatri e arene, che siano lì proprio per me. È una soddisfazione immensa, io non sono mai riuscito a strizzare l’occhio fino in fondo alla musica pop, e questi incontri intimi mi regalano un buon feeling e mi fanno capire che il mondo non è solo governato dalla superficialità».

La stretta attualità ci porta alla notizia della scomparsa di Quincy Jones: nel chiederle un commento, ci rivela quali sono state le sue ispirazioni che l’hanno condotta fin qui?

«Beh, indubbiamente Quincy rientra, insieme ad Al Jarreau, Earth, Wind & Fire, citando solo gli americani, perché poi sono rimasto tanto legato anche alla compagine italiana. Quincy Jones l’ho conosciuto, ho avuto questa grande fortuna di incontrarlo e passare del tempo con lui. Durante il nostro dialogo si parlava della mia origine, della Sicilia, mi ha mostrato l’anello che aveva al mignolo e mi disse che era siciliano come me. Glielo aveva regalato Frank Sinatra durante la registrazione di L.A. is my Lady. Non mi sento triste per la sua scomparsa, perché ha dato veramente tantissimo alla musica: quando si arriva a 91 anni sapendo di aver fatto tutto ciò, di essere stato così determinante, anche come persona, non ci si può che sentire realizzati. Anche con me fu simpatico e aperto, io ero un “Mister Nessuno”, ma mi ha accolto con affetto e il suo ricordo resterà indelebile. Speriamo che anche da Lassù ci nutra con un po’ di energia positiva, ne abbiamo tanto bisogno».

Da uomo del Sud immaginiamo che venire a suonare in Puglia le regali belle sensazioni...

«Mi piace dire che la Puglia è stata una di quelle regioni che mi ha sostenuto prima di tutte in Italia. Proprio qui è stato fondato il primo Mario Biondi Fan Club, nel 2007, grazie a Patrizia Ciraci, che si è dedicata a me e alla mia attività con grande passione. Non ci conoscevamo, si è innamorata della mia musica. E poi è una regione che è stata madre di tanta storia, di tanti geni musicali, per me è sempre un privilegio venire a suonare in questa terra».

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