Venerdì 26 Dicembre 2025 | 19:07

Il Dna antico racconta la storia dei pastori vissuti 3500 anni fa in Calabria: lo studio di UniSalento

Il Dna antico racconta la storia dei pastori vissuti 3500 anni fa in Calabria: lo studio di UniSalento

 
Redazione online

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Una ricerca che ha permesso di colmare un vuoto nell’evoluzione delle comunità del Sud Italia

Venerdì 26 Dicembre 2025, 15:17

15:21

Comparazione di campioni ossei che hanno ricostruito un pezzetto di storia che risale all’età del Bronzo. Una ricerca che ha permesso di colmare un vuoto nell’evoluzione delle comunità del Sud Italia. Lo studio, condotto grazie alla collaborazione internazionale guidata dal Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia e dall’Università di Bologna, con il coinvolgimento del Cedad, il Centro di fisica applicata, datazione e diagnostica del dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università del Salento, consente adesso di raccontare di una comunità di pastori vissuta oltre 3.500 anni fa sui monti dell’Orsomarso, in Calabria. Un racconto possibile grazie all’analisi al cosiddetto Dna antico, ovvero rilevato da campioni biologici datati, e alle datazioni al radiocarbonio fatte dai ricercatori che così hanno ricostruito la struttura genetica, le relazioni di parentela e alcuni aspetti della vita quotidiana della piccola comunità che ha vissuto tra il 1780 e il 1380 avanti Cristo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Communications Biology (Nature Portfolio).

Gli studiosi si sono basati sulle ossa umane provenienti da diversi settori della cavità abitata dai pastori. Mettendo assieme la cronologia assoluta, i dati archeologici e i genomi antichi sono risaliti alle dimensioni della comunità che aveva marcati legami di parentela e un’organizzazione funeraria probabilmente strutturata per sesso ed età. La ricostruzione dei ricercatori ha identificato un caso di consanguineità estrema mai documentato prima in un contesto archeologico dell’età del Bronzo dove «un giovane maschio presenta un profilo genetico compatibile con l’unione riproduttiva tra parenti di primo grado», spiega una nota in cui si evidenzia che «l'analisi di parentela mostra che il padre è un adulto sepolto nello stesso settore funerario, mentre la madre doveva essere una figlia dello stesso individuo».

«Questo lavoro rappresenta un esempio emblematico di come le tecniche della fisica applicata, in particolare la spettrometria di massa con acceleratore per la datazione con il radiocarbonio - sottolinea il professor Lucio Calcagnile, fondatore e direttore del Cedad e coautore dello studio - siano strumenti ormai imprescindibili per le scienze del passato». «La serie di datazioni ottenute a Lecce è stata essenziale per ancorare nel tempo le evidenze genetiche e archeologiche e per definire con chiarezza la finestra cronologica in cui questa comunità ha vissuto e utilizzato la grotta come luogo di sepoltura», conclude il professor Gianluca Quarta, ordinario di Fisica applicata e coautore dello studio.

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