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Fase 3, la Regione Puglia avvia la prima fabbrica pubblica di mascherine, camici e tute. Italia in Comune: «Più soldi per cliniche private»

 
Redazione online

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La gestione va alla Protezione civile: verranno prodotti 30 mln di pezzi all’anno

Mercoledì 05 Agosto 2020, 18:09

20:34

BARI -  La Protezione civile pugliese ha avviato oggi la produzione di dispositivi di produzione individuale - mascherine chirurgiche, mascherine FFP2 e FFP3 anche con valvola, camici, calzari, tute, copricapo - nello stabilimento di proprietà della Regione Puglia in via Corigliano, nella sede dell’ex Ciapi di Bari. Si tratta dell’unica fabbrica pubblica di Dpi attiva in Italia. La fabbrica è in grado di produrre - a regime - 30 milioni all’anno di mascherine chirurgiche, 15 milioni di FFP2 e 15 milioni di FFP3. La struttura regionale di Protezione civile ha iniziato a realizzare lo stabilimento durante il lockdown, nel corso dell’emergenza Covid, quando ci si è resi conto della penuria di Dpi.

I lavori sono iniziati il 30 marzo 2020, con la bonifica di un capannone fino ad allora destinato a deposito di materiali fuori uso. Il capannone è stato completamente ristrutturato, con l'installazione di impianti energetici ad alto risparmio.

All’interno sono state montate tre linee di produzione: una per le chirurgiche e due per FFP2 e FFP3. Per la produzione ci sono anche macchine a controllo numerico per il taglio e il confezionamento dei camici e la saldatura al nastro, oltre che per la sanificazione. Al centro ci sono stazioni di taglio e cucito e 26 postazioni per l’assemblaggio. La fabbrica è completata da magazzini e uffici gestionali. Le linee di produzione sono di fabbricazione cinese, gli altri macchinari di produzione italiana e pugliese. Il costo complessivo dei macchinari e del loro allestimento è di circa 1,2 milioni di euro. La fabbrica ha anche un laboratorio di prova per la verifica della qualità dei prodotti, per mantenere gli standard di qualità acquisiti. 

L'APPELLO DI ITALIA IN COMUNE - «La Regione Puglia faccia un significativo sforzo economico per incrementare l’ordinario budget annuale assegnato alle strutture private accreditate. In questa fase è sensibilmente e inevitabilmente aumentata la domanda di prestazioni sanitarie, prima accantonate e rallentante dal lockdown». Lo chiede il capogruppo in Consiglio regionale di Italia in Comune, Paolo Pellegrino. «Ora - prosegue - c'è il rischio concreto che i fondi disponibili termino con largo anticipo, ben prima del prossimo 31 dicembre, determinando l'impossibilità di accogliere nelle ultime quattro mensilità ulteriori richieste di prestazioni». La richiest è sostenuta dal vice coordinatore nazionale di Ic, Michele Abbaticchio e il coordinatore regionale Rosario Cusmai. «Siamo ben consapevoli dell’eccezionalità del momento - spiegano i rappresentanti di Italia in Comune - ma ci sembra doveroso ascoltare e dare risposte al vasto settore delle strutture private accreditate che proprio nella fase più acuta del covid-19 ha garantito, con professionalità e qualità, un validissimo supporto al sistema sanitario pubblico, allentandone la morsa e collaborando nella gestione dell’emergenza e nell’erogazione delle prestazioni urgenti». 

GATTA (FI): LA SANITÀ DI EMILIANO UN DISASTRO - «Ospedali di fatto resi inattivi, smantellamento di reparti di eccellenza, liste di attesa lunghissime, medici andati via e mai sostituiti. Non lo diciamo noi, ma i cittadini: non ultima la denuncia di quanto accade al pronto soccorso del «Riuniti» di Foggia. Gente ammassata per ore, ai limiti della dignità, in attesa di cure urgenti», il vicepresidente del Consiglio regionale, Giandiego Gatta (Fi), critica la gestione della sanità regionale. «Ormai - sostiene - c'è una vera e propria fuga di medici dalle strutture sanitarie foggiane, e non si sa come e quando saranno sostituiti. Ma la situazione ormai è catastrofica ovunque e quando Emiliano racconta favole sulla sua sanità, dimostra o di essere in cattiva fede, mentendo ai cittadini consapevolmente, oppure di non conoscere affatto la reale situazione del servizio nella nostra Regione, segnatamente nella nostra provincia».

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