Diario di classe
Pensieri di una prof. davanti agli studenti
Stamattina varcato l’uscio di una classe quinta, ho dovuto impiegare più di qualche minuto per ritrovare la concentrazione, eppure l’argomento mi sembrava interessante: la Secessione Viennese, Klimt e le sue opere
Stamattina varcato l’uscio di una classe quinta, ho dovuto impiegare più di qualche minuto per ritrovare la concentrazione, eppure l’argomento mi sembrava interessante: la Secessione Viennese, Klimt e le sue opere. E mentre scorrevano sullo schermo le immagini del Bacio, Giuditta I e Danae, occhi attenti insieme ad altri sguardi persi oltre l’uscio di questa aula, a volte ingombrante altre troppo piccola, era quanto avevo davanti.
Andando via, mi è tornata alla mente una delle pagine lette nel Registro di Classe di Sandro Onofri, tanto che appena giunta a casa sono andata a cercarla.
Onofri, inizia il racconto con una data: 13 dicembre. Che coincidenza ho pensato!
Scrive: Da dentro la classe arrivano risate, qualche urlo, qualche colpo sulla cattedra come facciamo noi professori per riacchiapparci con un pugno l’attenzione andata persa nei luoghi misteriosi dietro i quali si perdono quegli sguardi a volte incantati e altri annoiati. tanto che dispiace sempre un po’, perché l’incanto e la noia possono partorire le stesse fantasie, e non si dovrebbe mai scassinare l’estro.
È la scuola di sempre, nonostante gli oltre 25 anni di distanza, quella che tutti gli insegnanti conoscono, quella in cui proviamo a ritagliarci un posto nel tentativo non facile di destare in loro curiosità se non incanto.
Ma nel frattempo, sembrano triplicati gli oneri per noi docenti: non solo professionisti competenti, ma psicologi, adulti empatici, autorevoli ma mai autoritari.
Ci viene chiesto di esserci, senza divenire invadenti, insegnanti comprensivi, ma ligi perché parte di questa scuola del merito che deve dare forma a cittadini performanti.
È stata una settimana faticosa questa, così come fatico a far scorrere le parole sul foglio, forse a causa delle tante domande affollate nella mia mente circa il nostro compito ed oggi il nostro ruolo.
Certo è che quello che emerge sempre più forte, è l’esigenza degli studenti di poter contare su una scuola che sappia prendersi cura di loro. E nonostante l’impegno, nonostante l’attenzione, nonostante il tempo speso, in questi giorni, ho scoperto che non sempre è abbastanza.
I loro sguardi a volte imperscrutabili, risultano sempre più spesso complessi da decifrare. Frasi dette tra le righe, frasi lasciate in sospeso, persino gli insegnanti non sono sempre in grado di comprenderle.
Abbiamo cresciuto una generazione di giovani uomini e donne alla spasmodica ricerca di un centro di gravità che sembra non prendere mai forma.
Giovani dubbiosi, che a volte faticano a riconoscere negli adulti un porto certo in cui cercare riparo.
Sarà per effetto di questo buio in cui ogni tanto temiamo anche noi adulti di annaspare che oggi persino i miei ragazzi e questa scuola che ho sempre respirato come fosse elisir di giovinezza, mi appare pervasa da un senso di affanno.
Poi verranno ancora i giorni buoni, le lezioni festose.
Le giornate quelle permeate da sano entusiasmo. Torneranno.
Oggi resto in silenzio, davanti a me tanti dubbi che sembrano aver preso forma in questi strani giorni, circa il ruolo di una scuola che sembra faticare a stare al passo con i vostri bisogni, schiacciata dalle incombenze di sempre delle valutazioni, dei programmi ministeriali, delle programmazioni, dalla burocrazia che sembra capace di macinare e di ingoiare il resto.
A volte fatichiamo persino noi, ragazzi miei, ad essere adulti!