Diario di classe

Una «nuova» lista dei buoni propositi

Mirella Carella

Tutto inizia mentre cambia il vento, primi giorni di scuola e prime storie.

Mentre tutto accade, le bombe cadono su Kiev, i barchini affondano sulle nostre coste, mentre i bimbi annegano e con loro ciò che resta della nostra umanità perduta, sembra surreale partecipare al dibattito tra crocifisso sì o no nelle classi. Anche io sono una donna, sono una madre e sono cristiana, ma confesso di non aver mai fatto caso a che il crocifisso fosse presente e ben vista nelle mie tante classi. Stamattina per la prima volta entrando in aula l’ho cercato con lo sguardo, restando convinta che ciò che sei, la tua appartenenza, non abbia bisogno di alcun plateale segno di riconoscimento. Tra i miei studenti: cristiani, musulmani, induisti e alunni che per i più svariati motivi hanno scelto di non partecipare all’ora di religione, nulla di questo è stato capace di rendere diversi gli uni agli occhi dell’altro. Lo so, qualcuno dice che il crocifisso non è soltanto un simbolo religioso ma un segno di legame, espressione di radici culturali, ed è indubbio, ma se così fosse per sentirci tutti dalla stessa parte basterebbe dotare ogni classe dell’immagine del David di Michelangelo che ci rende in tutto il mondo così orgogliosamente italiani.

La verità è che siamo sempre bisognosi di una spilletta ben in vista sul bavero della giacca per poter asserire: io sono questo e da qui provengo. Per me si è ciò che si è. La religione resta un fatto personale. Nel frattempo, tutto inizia mentre cambia il vento, primi giorni di scuola e prime storie.


È arrivata da noi Roberta. È arrivata tremante come i bimbi di prima elementare, occhi bassi e parole che vengono fuori con fatica. Ingenuamente le ho chiesto come mai avesse deciso questo cambio al quarto anno di liceo, mi ha risposto piano e con sguardo pieno di disincanto che ha subito bullismo per tutto il suo percorso di scuola sino a convincersi che fosse la normalità.
La normalità.
Roberta è italiana, parla la nostra stessa lingua, proviene da una «famiglia bene», ma ciò nonostante basta un dettaglio per finire dall’altra parte del recinto.
Siamo stati bravi noi adulti ad insegnare loro con democratica trasversalità come denigrare, allontanare e rendere diverso.
Un’altra priorità nella mia lista dei buoni propositi di questo inizio di anno: che per Roberta questa scuola diventi casa, rassicurante e benigna.
Come tutti i giorni anche ieri ho chiesto a mio figlio, al rientro da scuola, cosa avesse fatto e come fosse andata, la domanda resta retorica e altrettanto scontata la risposta: - È andata bene. Non abbiamo fatto niente. - Ma lo so, è solo questione di tempo, poi arriva la sera e viene voglia di raccontare ciò che conta e ciò che resta.
Più tardi, mi ha detto che lo ha colpito la citazione della sua professoressa di filosofia appena conosciuta. - Mamma ha citato un pensatore pugliese…ma non ricordo il nome -
- Franco Cassano - gli ho risposto. E lui mi ha guardato con occhi meravigliati : - Lo conosci?- - Lo conosciamo in tanti -.
La frase citata attinge al Pensiero Meridiano: la riva attenua gli integralismi della terraferma. Sono andata a risfogliare le sue pagine. La prof.ssa di filosofia ha ragione, bisognerebbe attingere più spesso dalle sue parole.
Nel frattempo, abbiamo iniziato con i test di ingresso, le prove con i voti che non faranno media, tra qualche settimana riprenderemo con il calcolo dei crediti e tra qualche mese, senza quasi accorgersene, con le ipotesi dei debiti…e mi accorgerò, come ogni anno, di aver speso tempo per fare la media di ciò che mi interessa poco, mi interessa meno.
Mi prendo questi primi giorni di scuola per guardarli. Anche questo è nella mia lista dei buoni propositi.

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