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Microclima scolastico e implicazioni nella scelta dei percorsi e dell’offerta formativa

Emanuela Megli

Ragazzini isolati, o bullizzati, competizione, ansia da prestazione derivante dalla scuola e da un’idea distorta dello studio e del sapere, che prima di tutto si dovrebbe amare e dovrebbe nascere da desiderio di scoprire in un’esperienza di vita oltre che di apprendimento

Inizia la scuola e molti genitori sono alle prese con pratiche per spostare i propri figli ad altra classe o ad altri istituti, per problematiche di didattica ma soprattutto relazionali e di socializzazione nel gruppo classe. Ragazzini isolati, o bullizzati, competizione, ansia da prestazione derivante dalla scuola e da un’idea distorta dello studio e del sapere, che prima di tutto si dovrebbe amare e dovrebbe nascere da desiderio di scoprire in un’esperienza di vita oltre che di apprendimento.

Prendersi cura dell'aspetto emotivo degli studenti non dovrebbe essere un di più lasciato alla buona volontà del docente ma una competenza di base dell’insegnamento. L’insegnante ha anche il compito di favorire la costruzione del gruppo, la socializzazione, la collaborazione, la coesione e l’armonia durante l’esperienza scolastica. Grazie alle competenze relazionali oltre a quelle psico-pedagogiche e culturali e a quelle didattiche, l’insegnante può fare la differenza nella costruzione di legami positivi favorendo lo sviluppo di atteggiamenti e competenze umane valorizzando il contributo di ogni ragazzo in base alle sue inclinazioni naturali. Per farlo deve essere impegnato a viverlo in prima persona su sé stesso/a.

Cosa fare allora nei casi in cui isolamento, ansia, rabbia, tristezza e apatia, sono la costante nell’esperienza scolastica? I genitori possono aiutare i figli a rafforzare il proprio sistema di risposta, attraversando le esperienze e le emozioni che da esse derivano. Non devono sostituirsi ai propri figli nel risolvere i loro problemi, è vero. Ma è sacrosanto mettersi al loro fianco e aiutarli a decidere quali strategie mettere in atto e accompagnarli con premura anche nella possibilità di scegliere un altro percorso, in casi estremi. Verrebbe da chiedersi “ma ai tempi nostri… avremmo assecondato queste esigenze”? Non possiamo paragonare il vissuto attuale con quello delle generazioni precedenti perché mancano tutti i riferimenti di contesto e di scenario socio-educativo.

È un fatto che i ragazzi di oggi vivono in una società più complessa e hanno una maggiore fragilità nell’orientarsi e districarsi tra modelli di riferimento. Fanno più fatica anche perché hanno più possibilità materiali, ma meno sostegno e accompagnamento sentimentale ed emotivo. Sono spesso soli o figli di adulti senza competenze genitoriali solide, in famiglie disgregate e ferite. Abbiamo il dovere di non giudicare con superficialità e di accogliere le loro richieste di aiuto, anche se questo significa impegnarsi a scegliere un’offerta formativa più elevata, in cui l’istituto da importanza al contesto, inteso come microclima che crea l’educazione che genera le condizioni di serenità e di accoglienza che rendono possibile l’esperienza del crescere e dell’apprendere.

Possiamo chiederci come utenti, quale scuola è consapevole dei bisogni profondi emotivi e relazionali dei ragazzi, tanto da inserirlo come obiettivo educativo nel proprio programma scolastico? 

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