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Nanni Moretti ringrazia il Bifest: «Mai una retrospettiva così completa sui miei film» 

redazione online (video donato fasano)

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Il regista romano ha accettato l'invito del direttore Iarussi per ricevere il premio «Bif&st Arte del Cinema»: nel 2022 aveva declinato, mandando un videomessaggio

BARI - «Nanni Moretti, il giovane autarchico, è diventato indiscusso artefice dell'arte del cinema». Con queste parole Oscar Iarussi, direttore artistico del Bif&st 2025, consegna al regista romano il premio “Bif&st Arte del Cinema” nella seconda giornata del Bari International Film&TV Festival.

Si apre con le sue opere la sezione Incontri di Cinema, interamente dedicata a Nanni Moretti, una retrospettiva per celebrare i suoi 50 anni di carriera. «Una retrospettiva completa - aggiunge Moretti - che non era mai stata fatta con gli ultimi film». 

Moretti è stato a lungo inseguito dal Bifest, di cui quest'anno - con la direzione di Iarussi - ha deciso di accettare l'invito. Anche nel 2022 era tra i premiati per il film Tre Piani, ma in quell'occasione non raggiunse Bari: si limitò a mandare un videomessaggio.

Sul palco questa mattina il regista ha offerto al pubblico del Petruzzelli il suo 'Ecce Nanni' con la storia in dieci capitoli della sua carriera da regista, ma anche da produttore ed esercente. 

Rilassato, in un teatro strapieno, mette subito le mani avanti: «Voglio raccontare in dieci voci la mia storia di regista facendo riferimento a ciò che era all’inizio e a ciò che poi è diventato».  Moretti parla dei suoi inizi nella sezione 'Super 8': «Oggi è più facile fare cinema, con il Super 8 giravi senza negativi, era come una Polaroid. Far vedere le cose che facevi era difficile. Nel '73, ad esempio, andai alle Giornate degli Autori, a Venezia, vicino San Marco, a portare cortometraggi. Dopo averli fatti vedere dissi che ero disponibile a ricevere domande, ma non si presentò nessuno. Da quel trauma è nata la frase di 'Io sono un autarchicò: 'No il dibattito nò. Tre cose per me contavano allora: parlare del mio ambiente, prenderlo in giro, e quindi anche me stesso, e poi non stare solo dietro la cinepresa, ma anche davanti, più che come attore come persona».

Nel capitolo regia poi sottolinea: «Il mio lavoro di spettatore mi ha influenzato, ho voluto sempre fare i film che mi piacevano. All’inizio guardavo ai Taviani e alla loro macchina da presa fissa, ma amavo anche un regista lontano da loro come Carmelo Bene». «Inizialmente scrivevo da solo e mi veniva facile, oggi non mi va più di fare da solo la sceneggiatura - dice poi Moretti -. Ho scoperto l’avventura umana che è scrivere un film con altre persone. Così da 'La stanza del figliò in poi scrivo con altri sceneggiatori».

Sul fronte produzione ricorda: «Ho cominciato a fare il produttore trentotto anni fa, prima con Angelo Barbagallo e poi da solo. Mi piaceva produrre film di esordienti per restituire, almeno in parte, un pezzetto della fortuna che avevo avuto io. Tutti i miei film li ho prodotti con la Rai e la mia Sacher tranne 'Il portaborsè, che rifiutarono, e 'Il caimanò che decisi di non proporre per non metterli in imbarazzo».
Il regista romano ci tiene poi a sottolineare come molto spesso tante persone tendano a identificare «quello che dicono i miei personaggi con quello che penso davvero io. Un esempio: quando in 'Caro diariò dico 'Io sono il più grandè, sto solo citando Mohamed Ali».

Una voce di questo decalogo, l’ultima, è dedicata al suo cinema Nuovo Sacher: «Era dei Monopoli di Stato e per questo motivo doveva rimanere nel titolo la parola nuovo. L’ho voluto aprire con l’intenzione di restare sempre all’interno dell’industria cinematografica, ma portando avanti le mie idee. L'ho inaugurato nel '91, quando c'era poca accoglienza nelle sale, alcune erano addirittura respingenti. Volevo solo proporre quello che a me sarebbe piaciuto vedere come, ad esempio, i film di Ken Loach che inizialmente proponevo solo io. Comunque - ci tiene a dire a fine incontro - tutte queste mie attività non le ho fatte per dovere, ma solo per piacere. Non sono un paladino». Una curiosità, la voce più breve è quella dedicata alla critica cinematografica: «Chiunque può dire qualsiasi cosa, io non replico mai».

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