BARI - «Serve una antimafia culturale e non solo emotiva, capace di proporre modelli che vadano oltre le iniziative stesse». Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi nel corso della cerimonia inaugurale di «Amaranta», una drop- house (centro di accoglienza diurno) realizzata in una villa confiscata al clan Capriati, sul litorale di San Giorgio, a Bari.
Si tratta di un luogo di ascolto, aggregazione, formazione e inclusione lavorativa, promosso dalla cooperativa sociale Caps e dall’associazione «Micaela onlus» in partenariato con la cooperativa sociale Artes, dall’associazione culturale Origens e con il sostegno del Comune di Bari.
L’antimafia «funziona meglio se c'è una società intera che collabora - ha detto il ministro - se si pratica la sussidiarietà e se c'è uno slancio da parte della società civile, l’antimafia funziona». Per Piantedosi lo «Stato avrebbe una difficoltà intrinseca senza il sostegno dei territori». «Le mafie sono avvantaggiate rispetto allo Stato perché lo Stato ha l’obbligo del rispetto delle leggi», ha continuato spiegando che «l'abusivismo per la mafia non è problema che invece lo Stato deve risolvere».
«L'esperienza dell’antimafia non repressiva della Puglia e di Bari è un esempio – commenta il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi alla cerimonia inaugurale di Amaranta -. Qui, l’andamento della gestione della messa “a reddito” degli immobili confiscati ha numeri, devo dire esemplari, a riprova che la destinazione a scopi sociali dei beni confiscati proietta modelli di recupero come in questo caso in cui si combatte la tratta che resta tra i reati più odiosi che porta alla schiavitù».
«Il Viminale - ha aggiunto - è vicino a questa comunità perché lo merita per vocazione storica e a prescindere dagli orientamenti politici cercheremo di fare in modo che quanto realizzato qui possa essere un modello esportabile: accetteremo suggerimenti». «Bisogna migliorare le performance dei beni sottratti alla criminalità», ha continuato il ministro spiegando che serve «un ulteriore slancio normativo» possibile «avvalendoci dei sindaci e delle Regioni»
Michele Emiliano: «Sull'accoglienza dei migranti non si faccia marketing elettorale»
«Il ministro Piantedosi non è un politico dell’ultim'ora ma è un uomo di grandissima esperienza essendo stato vicecapo della polizia e avendo fatto il capo di gabinetto di un altro ministro dell’Interno. Il ministro però riceve un indirizzo politico, se l’indirizzo politico è quello di dimostrare a una parte degli italiani che noi li ributtiamo in mare sarà molto difficile da gestire questa situazione». Ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano a chi gli chiedeva cosa avesse risposto il ministro Piantedosi all’idea di accoglienza dei migranti da lui precedentemente illustrata al numero uno del Viminale.
«Se invece abbiamo la possibilità di spiegare che questi lavoratori sono necessari - ha proseguito Emiliano - ma che devono arrivare con flussi regolati e non tutti insieme, questo è il metodo migliore che non costringe questa gente a mettersi nelle mani dei trafficanti di uomini. Ho detto al ministro Piantedosi che può contare sulla collaborazione della Puglia, purché su vicende come la gestione dell’antimafia e dell’accoglienza dei migranti non si faccia ancora marketing elettorale – continua Emiliano -. Caricare ulteriormente la disperazione degli italiani, spiegandola con l’arrivo dei migranti che portano via il lavoro, è un atto sbagliato».
Il governatore ha aggiunto che questa situazione «crea la necessità, perfino al governo Meloni che non ne avrebbe bisogno, di impegnarsi in respingimenti che poi, come abbiamo visto, non sono stati portati a termine perché tutti si sono resi conto che queste persone andavano accolte».
Emiliano ha poi ribadito che «la Puglia rimane l’esempio della terra di accoglienza, è la terra della Vlora, la terra che ha saputo trasformare l’accoglienza anche in opportunità economiche». «Nessun governo ha mai avuto il coraggio di dire che l’Italia ha bisogno dei flussi migratori, non possiamo fare a meno della forza lavoro che arriva da altri Paesi altrimenti non staremmo in piedi. Ma dobbiamo farlo assicurando che queste persone non facciano concorrenza sleale sul mercato del lavoro. Quindi devono arrivare in modo legale ed essere trattati come i lavoratori italiani».
«Il nostro modello di accoglienza, fondato sulla collaborazione fra Regione, Comuni e Prefettura - ha evidenziato - ha consentito l’arrivo di tanti profughi ucraini senza comportare alcun problema. I flussi vengono però ancora gestiti dall’Italia in maniera sbagliata e senza regole. Questo modello - ha evidenziato - va sostituito con una programmazione che consenta l’arrivo legale delle persone sul nostro territorio, per poi gestirle nelle strutture di integrazione di prima e seconda accoglienza secondo un modello che in Puglia sta funzionando in modo sufficiente».
Quanto alla lotta non repressiva alla criminalità applicata in Puglia, Emiliano ha detto che «siamo pronti a discutere di una legge nazionale sull'antimafia sociale che consenta a tutti i Comuni e le Regioni d’Italia di avere gli stessi uffici che esistono a Bari e in Puglia».
Decaro: «Una giornata simbolica»
«Questa è una giornata simbolica, a pochi giorni dai 40 anni della legge Rognoni-Latorre, la norma che ha permesso di procedere con la confisca dei beni alla criminalità organizzata. Ed è simbolico anche il luogo. Un luogo confiscato al clan criminale dei Capriati viene adesso messo a disposizione di un’associazione che si occuperà della tratta delle donne». Così il sindaco di Bari, Antonio Decaro. «E non è l’unico immobile confiscato alla criminalità organizzata a Bari - ha ricordato -. Sono in totale 122, alcuni già messi a disposizione di associazioni per ospitare per esempio le famiglie con difficoltà economiche che hanno bambini affetti da leucemie ricoverati negli ospedali».
Il ricordo
A firmare l’atto di concessione del bene confiscato alla mafia in cui è stato inaugurato oggi Amaranta, fu l’allora dirigente dell’ufficio per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata della Regione Puglia, Stefano Fumarulo, scomparso prematuramente all’età di 38 anni, nel 2017. Il suo impegno è stato ricordato oggi alla presenza del ministro per l’Interno Matteo Piantedosi. All’evento sono intervenuti, oltre al ministro degli Interni Matteo Piantedosi, il sindaco di Bari Antonio Decaro, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, gli assessori comunali al Patrimonio, Vito Lacoppola, e al Welfare, Francesca Bottalico, il presidente del C.A.P.S. Marcello Signorile, la vicepresidente dell’associazione Micaela onlus, Pilar Solis e don Vito Piccinonna, vicario del vescovo.
Villa Amaranta
La struttura, affacciata sul mare ed estesa su una superficie di circa 600 mq (di cui 180 mq coperti e 420 mq scoperti, tra porticato e giardino), era stata concessa dal Comune di Bari nel 2009 al C.A.P.S., grazie all’impegno di Stefano Fumarulo, alla guida dell’Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata del Comune di Bari, con l’obiettivo di riconvertirla a fini sociali. Dopo un complesso iter tecnico-amministrativo per la sanatoria di abusi edilizi presenti sulla villa durato anni, interrotto dall’emergenza sanitaria Covid-19 e concertato con l’Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata del Comune di Bari e con le ripartizioni comunali Patrimonio e Urbanistica, l’immobile confiscato alle mafie è stato interessato da importanti lavori di ristrutturazione e da un progetto di riconversione funzionale, finanziato dalla Fondazione Con il Sud nell’ambito del Bando «Iniziativa Immigrazione 2017”.
Gli interventi hanno riguardato l’intero complesso e le aree esterne, trasformando la villa appartenuta a un clan locale in un centro accogliente e moderno, dotato di due uffici, una sala polifunzionale, servizi igienici, magazzino e porticato esterno, con affaccio su un’ampia area a verde impreziosita da prato calpestabile.
L’idea del progetto Amaranta, promosso da un partenariato che vanta un’esperienza pluridecennale sul tema della fuoriuscita dai fenomeni di trafficking, è quella di agganciare in loco le donne che vogliano fuoriuscire dalla loro condizione di sfruttamento e violenza, proponendo azioni di emersione, presa in carico, formazione e inserimento lavorativo delle vittime nel campo della ristorazione e dell’ospitalità turistica. Le risorse per la ristrutturazione del bene confiscato e lo start-up delle attività ammontano a circa 500.000 euro, di cui 380.000 finanziati dalla Fondazione Con il Sud, 100.000 di cofinanziamento da parte dei soggetti del partenariato e 20.000 finanziati dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell’ambito dei progetti di assistenza alle vittime di tratta, di cui la Regione Puglia è capofila.