La Polizia Bari ha eseguito un’ordinanza cautelare emessa dal gip Antonella Cafagna su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di otto persone ritenute appartenenti al clan Strisciuglio, attivo in varie zone della città e nei Comuni dell’area metropolitana. Sette degli indagati sono finiti in carcere e uno agli arresti domiciliari. Secondo l’accusa, retta dal pm Fabio Buquicchio, tra il 2019 e 2020 gli indagati facevano parte di un’associazione a delinquere armata, dedita al traffico e alla commercializzazione di cocaina, eroina e marijuana a Bari, Palo del Colle e Bitonto.
In carcere sono finiti Giuseppe e Giovanni Signorile, Nicola Primavera, Rodolfo Scardicchio, Marco e Franco Lopez, Mohamed Nefati. Arresti domiciliari per Tommaso Peschetola. Il gip ha disposto l'interrogatorio preventivo per Gaetano Focarazzo e ha rigettato la richiesta di misure per altre sei persone.
L’indagine, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia e condotta dalla Squadra Mobile e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia, ha ricostruito la struttura organizzativa del gruppo e la sua propensione all’uso delle armi per risolvere contrasti con clan rivali. Tra gli episodi documentati, un raid armato nel quartiere Japigia mirato a sequestrare un appartenente a un clan nemico, conclusosi con colpi di arma da fuoco esplosi all’indirizzo dell’abitazione della vittima; per questo episodio è stata riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso.
Le indagini hanno anche rivelato l’uso, da parte dei membri del clan, di un linguaggio criptico per eludere le attività investigative. Termini come “buona”, “bomba” o “dinamite” indicavano la qualità e la quantità della droga. L’operazione ha fatto seguito a intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di pedinamento e video-registrazioni, perquisizioni, sequestri e arresti in flagranza, nonché all’attività sotto copertura di agenti che si sono finti acquirenti, documentando numerose cessioni di sostanze stupefacenti. Fondamentali anche le dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
Le indagini hanno poi svelato l'esistenza di un vero e proprio market della droga il cui centro era Palo del Colle. «Il consumo di stupefacenti non solo è un problema per l'afflusso di denaro verso i clan, ma crea anche problemi seri per i cittadini. Nei piccoli comuni ha poi un effetto devastante», ha spiegato il procuratore di Bari, Roberto Rossi. Il coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella, ha sottolineato come il gruppo avesse «disponibilità di armi, anche da guerra, e propensione al loro facile utilizzo per dirimere questioni di vario genere».
Il riferimento è in particolare al tentato sequestro di Riccardo Campanale (ritenuto vicino al clan Parisi) nel quartiere Japigia di Bari del 6 novembre 2019. Un episodio, questo, che rientra tra gli effetti della "guerra di Japigia" del 2017 tra il gruppo facente capo ad Antonio Busco e quello del clan Palermiti per il controllo dello spaccio sul rione, al termine della quale diverse persone vicine a Busco passarono con gli Strisciuglio. «Questa spedizione avrebbe potuto causare una nuova guerra e fu organizzata esplicitamente» per colpire un personaggio importante del clan Parisi, ha spiegato il pm della Dda Fabio Buquicchio. Al blitz parteciparono in cinque.
«Nel corso delle indagini sono stati fatti 15 acquisti simulati di droga» grazie al coinvolgimento degli agenti undercover e «si è arrivati ad avere contatti per la cessione di un chilo di cocaina», uno scambio che però non si fece a causa della prima ondata del Covid, ha sottolineato Filippo Portoghese, capo della Mobile di Bari. L'attività degli agenti undercover, fatta con il supporto del servizio centrale operativo, è «non semplice e richiede una capacità di immergersi in quella che è la criminalità e comporta attività che riguardano determinati settori, e quando c'è una squadra coesa come in questo caso si possono raggiungere ottimi risultati», ha detto a margine della conferenza il questore di Bari, Massimo Gambino.
















