Tour del gusto
Le chiacchiere di Carnevale il dolce tipico della tradizione risalenti alla tradizione dell’antica Roma dei Saturnali
Ma è polemica dopo la decisione di Igino Massari di venderle a 100 euro al chilo
Sono il simbolo della tradizione e della cultura che affonda le sue radici nella storia contadina di diverse regioni italiane. Le cartellate, anche conosciute come chiacchiere di Carnevale, sono un pezzo importante della memoria gastronomica collettiva. Finite di recente al centro di una polemica per essere state messe in vendita da Iginio Massari a 100 euro al chilo, restano in assoluto i dolci più rappresentativi di questa festa. A far discutere, nel merito, il prezzo da record con cui il maestro pasticcere ha lanciato sul mercato le sue preparazioni, talmente care secondo qualcuno da essere paragonate addirittura a tartufo e caviale. L’aumento considerevole del mercato delle chiacchiere firmate dal grande pasticcere (più 25 per cento) ha aperto il dibattito sul cosiddetto cibo di lusso: c’è chi sostiene che si tratti di food talmente esclusivo da essere ritenuto più un abito di griffe che una preparazione artigianale.
Altri, invece, difendono “l’esperienza che non ha prezzo”, proprio come quella proposta da un grande della pasticceria nazionale e internazionale come Iginio Massari, secondo cui “la perfezione si paga”. Il dolce tipico in questione costava 100 euro al chilo già prima dei rincari, ha chiarito Massari, “proprio in virtù di un procedimento di preparazione piuttosto laborioso”. Gli aumenti di quest’anno, poi, sono stati confermati anche da un’indagine di “Altroconsumo”, secondo cui in media per un chilo di chiacchiere si spendono 28 euro e, in alcune pasticcerie, si arriva a sborsare fino a 60 euro. A prescindere dal costo (ognuno sceglierà le chiacchiere in base alle proprie tasche), rinunciare alla squisitezza delle amatissime sfoglie friabili in queste giornate è fuori discussione. A proposito delle loro origini, queste sono molto antiche. Risalgono alle celebrazioni nell’antica Roma dei Saturnali, infatti, una festa simile al nostro Carnevale. Uno dei simboli gastronomici più popolari erano proprio le cosiddette frictilia, dolci fritti nel grasso animale che venivano distribuiti per le strade cittadine.
E sui nomi, ce n’è per tutti i gusti. Bugie di Carnevale in Liguria, frappe a Roma, chiacchiere in Puglia, strufoli in Maremma Toscana, cioffe in Abruzzo, rìsole in Piemonte, fiocchetti in Emilia-Romagna, cunchielli in alcune zone del Molise e così via. Se il nome del dolce carnascialesco varia da regione a regione, però, la ricetta è sempre la stessa. Farina, zucchero, burro e uova per l’impasto; Marsala, vino bianco, vin santo o grappa, eventualmente, in aggiunta. Il nome “chiacchiera”, invece, risalirebbe a una leggenda ambientata a Napoli a fine Settecento. Protagonisti della storia, due personaggi spesso chiamati in causa anche a proposito della nascita della pizza: la regina Margherita di Savoia e Raffaele Esposito, il pizzaiolo che avrebbe inventato la pizza da dedicare alla moglie di Vittorio Emanuele II. Il termine “chiacchiere”, in questo caso, sarebbe nato da un’intuizione di Esposito, riferendosi a un dolce gioioso e conviviale creato per la regina. In realtà, c’è poco di certo sulle origini di questo nome e sull’esistenza dello stesso pizzaiolo. Ciò che è indubbio, è che le chiacchiere in queste giornate stanno facendo capolino sulle tavole degli italiani, immancabili e ghiotte prelibatezze di Carnevale per adulti e piccini.