I numeri

«Troppi crediti mai riscossi»: l’allerta della Corte dei Conti per le casse del Comune di Taranto

Fabio Venere

Sott’accusa le somme inserite nel bilancio dell’entema che difficilmente verranno effettivamente incassate

La Corte dei conti “bacchetta” il Comune di Taranto. Sott’accusa, per dir così, finiscono i cosiddetti crediti di “dubbia esigibilità” ovvero quelle somme che da anni sono inserite nei bilanci ma che molto difficilmente verranno effettivamente incassate dal Municipio, il Fondo relativo alle risorse da mettere da parte per far fronte ai contenziosi in caso di sconfitta in Tribunale (il maxi prestito Boc su tutti) e, infine, la bassa capacità di riscossione dei tributi locali. In estrema sintesi, è opportuno chiarirlo subito, non si tratta di una pronuncia che provoca effetti dissolutori del Comune (per capirsi, il dissesto), ma che di certo mostra un perentorio cartellino giallo nei confronti di Palazzo di Città. Che, a dire il vero, non sorprende in maniera clamorosa chi esamina con attenzione i bilanci comunali degli ultimi cinque-sei anni. Alla fine, la fotografia che viene scattata dai magistrati contabili pugliesi è quella di un’auto che può ancora percorrere la sua strada, ma che ha almeno tre spie accese. Qualche correzione di rotta evidentemente, a questo punto, serve. In particolare, la sezione regionale di controllo per la Puglia della magistratura contabile si è espressa, in maniera complessa e dettagliata, sui rendiconti di gestione del Municipio relativi agli anni 2021, 2022 e 2023. E l’ha fatto, per la cronaca, dopo aver preso atto di quanto pronunciato dal relatore, Nunzio Mario Tritto, nella Camera di consiglio del 25 novembre scorso.

Nel dettaglio, un primo e fondamentale rilievo ha riguardato le «problematiche inerenti – si riporta testualmente dal provvedimento - alla determinazione del fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde, ndr)», che si è palesato con un progressivo incremento nel triennio, passando da un aumento del 3,45 per cento nel 2021 al significativo +24,53 per cento nel 2023, portando il Fondo accantonato al 31 dicembre 2023 a ben 251 milioni 479mila euro. In effetti, l’attenzione dei magistrati si è inizialmente concentrata sui cosiddetti crediti di dubbia esigibilità, che sono stati comunque inseriti nei bilanci pur se di difficile ottenimento (in prevalenza, si tratta di tasse e imposte dovute ma non versate negli anni scorsi al Municipio). In realtà, il Comune di Taranto ha escluso dal calcolo crediti per oltre 28 milioni di euro nel 2022 e circa 31 milioni di euro nel 2023. Queste scelte sono state motivate in diversi modi, tra cui l’incasso o l’estinzione del credito stesso avvenuta nell’anno successivo, ma una parte è stata esclusa anche basandosi sul «trend storico degli incassi», ovvero in questi casi una previsione di futura incassabilità ritenuta certa dagli uffici municipali. La Corte ha poi riscontrato la presenza di «crediti per i quali si valuta la loro iscrizione al Fondo in sede di consuntivo 2024», ma invece esclusi negli esercizi precedenti «senza una valida motivazione». La Corte, inoltre, «invita comunque il Comune di Taranto ad un prudente apprezzamento delle entrate (bilancio di previsione) e dei crediti (rendiconto di gestione) ritenuti di dubbia e difficile esazione», ribadendo con chiarezza che «la mancata svalutazione delle entrate-crediti, al ricorrere dei relativi presupposti, contraddice il principio di sana e corretta gestione finanziaria; essa, infatti, è suscettibile di provocare squilibri finanziari, traducendosi in risultati di amministrazione - si riporta testualmente - non corrispondenti all’effettiva realtà finanziaria, con un pericoloso (perché privo di copertura) ampliamento delle capacità di spesa».

Altrettanto significativa è la parte della pronuncia della sezione di controllo regionale della Corte dei conti dedicata al Fondo rischio contenziosi, ovvero alle somme accantonate dal Comune per far fronte all’eventuale soccombenza in giudizio. I magistrati contabili, a questo proposito, hanno evidenziato un andamento altalenante del Fondo contenzioso, che si è attestato a 11 milioni 357mila euro al 31 dicembre 2023, dopo aver toccato invece un picco di oltre 14,5 milioni di euro l’anno precedente. I magistrati, inoltre, hanno notato che il valore complessivo delle cause pendenti al 31 dicembre 2023 era pari a 18 milioni 494mila euro e hanno quindi sottolineato come il rischio di soccombenza sia stato stimato, «per gran parte dei contenziosi, in misura pari al 100 per cento; per la restante parte in misura comunque superiore al 50 per cento ad eccezione di tre contenziosi».

In questo contesto di rischio elevato, la Corte dei conti ha posto particolare attenzione al contenzioso relativo al cosiddetto maxi prestito Boc, su cui si attende ancora la pronuncia definitiva (dopo il rinvio della Cassazione) da parte della Corte di Appello di Lecce. La sezione regionale di controllo ha, infatti, inquadrato la vicenda nel quadro di una complessa operazione finanziaria risalente al 2003-2004, che portò all’emissione di un prestito obbligazionario di 250 milioni di euro interamente sottoscritto da un’unica banca (attualmente, dopo diverse fusioni bancarie avvenute negli anni, il riferimento è a Banca Intesa). Si tratta di una questione di notevole entità, considerata l’ingente somma, che potrebbe incidere fortemente sulla gestione finanziaria complessiva dell’ente e che, per i magistrati, richiederebbe da parte del Comune “prudenza” nella gestione del relativo rischio. Tradotto dal burocratese, così come da anni segnala peraltro il collegio dei Revisori dei conti dello stesso Comune, la Corte preferirebbe che l’Amministrazione comunale mettesse da parte una somma decisamente superiore rispetto a quella attualmente in cassa (circa 44 milioni di euro) per fronteggiare un’eventuale sconfitta in Appello. Tesi, questa, che se da un punto di vista contabile e giuridico, naturalmente, è sacrosanta da uno, invece, politico-amminstrativo si scontra con le esigenze della città. E questo in considerazione del fatto che, secondo i giudici una somma ingente (il più possibile avvicinabile a quei famigerati 250 milioni) avrebbe dovuto essere stata bloccata in bilancio praticamente da oltre 17 anni, ovvero da quando la complessa vicenda è approdata nelle aule giudiziarie.

E ultimo ma non per ultimo così come amano dire in Inghilterra, la magistratura contabile ha rilevato anche la «scarsa capacità di riscossione delle entrate» da parte del Comune di Taranto, analizzando il periodo 2021-2024 e notando come «la riscossione complessiva, per tutti gli esercizi considerati, risulta inferiore all’indice di deficitarietà strutturale fissato da un precedente ministeriale al 47 per cento e, pertanto, necessita di idonei interventi – scrivono i giudici contabili - volti al necessario ed indifferibile miglioramento». In particolare, la Corte ha evidenziato l’esigua capacità di riscuotere i crediti degli esercizi precedenti, nonostante un «tenue miglioramento registrato nel 2024», ma ha ammonito che una «scarsa capacità di riscossione complessiva, rischiando di incidere sull’effettiva disponibilità, in termini di cassa, delle entrate indicate a preventivo per il finanziamento dei programmi di spesa, potrebbe vulnerare gli equilibri finanziari dell’Ente».

Un caso di particolare rilievo è quello delle sanzioni per violazioni del Codice della strada, per le quali si registrano accertamenti elevati nel triennio 2021-2023 a fronte di «riscossioni assai limitate». Critica, infine, è stata anche la segnalazione della Corte riguardo alla gestione della riscossione coattiva di tasse e tributi municipali affidata a concessionari esterni al Comune, ovvero a due imprese private.

In conclusione questi rilievi, che riguardano soprattutto il Fondo crediti di dubbia esigibilità, il Fondo contenziosi e l’efficacia della riscossione, configurano un quadro di criticità che la Corte raccomanda, con fermezza, al Comune di Taranto di superare per garantire una sana gestione finanziaria.

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