Sabato 06 Settembre 2025 | 18:55

Taranto, la storia di Antonio: deve restituire 7mila euro all'ex patron dell'Ilva. «I soldi di Riva li ho già spesi per avvocato e cure mediche»

 
Valentina Castellaneta

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Valentina Castellaneta

Taranto, la storia di Antonio: deve restituire 7mila euro all'ex patron dell'Ilva. «I soldi di Riva li ho già spesi per avvocato e cure mediche»

Antonio Parente è disperato, sua madre, Pina Falco, è una delle parti civili coinvolte nel processo «Ambiente svenduto», che avevano ottenuto 5mila euro a testa da Nicola Riva come provvisionale sull’eventuale risarcimento per i danni subiti dall'Ilva

Martedì 21 Gennaio 2025, 07:00

TARANTO - «I soldi di Riva, sono già andati via tra visite e cure mediche, una parte allo studio Rienzi che ha seguito mia madre, insomma la somma che avevamo ricevuto non c’è più e neanche era sufficiente». Antonio Parente è disperato, sua madre, Pina Falco, è una delle parti civili coinvolte nel processo «Ambiente svenduto» e seguite dal Codacons, che avevano ottenuto 5mila euro a testa da Nicola Riva come provvisionale sull’eventuale risarcimento per i danni subiti dalle emissioni generate dall’ex Ilva, e che ora dovranno restituire il denaro, più 2mila euro di spese legali. «Settemila euro e passa, entro la fine di gennaio che non sappiamo dove andare a prendere».

Casalinga sulla settantina, Pina è affetta da una malattia autoimmune, la Sclerodermia, dovuta, secondo i medici, ad agenti chimici tossici che hanno contribuito a scatenare la patologia. Nonostante le cure invasive, convive con forti dolori reumatici, le sue mani sono sempre gonfie e bitorzolute. Ma non solo, la malattia piano piano sta aggredendo, oltre alla pelle, anche i polmoni e il cuore. Oggi Pina ha solo il 65 per cento di funzionalità polmonare.

In questi anni di processo, Antonio ex operaio Ilva, era riuscito a portare via sua madre e la sua famiglia dal quartiere Tamburi per andare a vivere nella borgata di Talsano, vicino al mare. «La mattina si respira – dice - apro le finestre e c’è l’aria pura e limpida. Voglio far crescere meglio i miei figli, non voglio che debbano affrontare i problemi che abbiamo avuto noi. Sono stato dipendente dell’acciaieria e so da vicino cosa voglia dire vivere in quell’azienda, così ho deciso di cambiare professione». Anche lui era parte civile nel processo: per anni è stato a contatto con i Pcb, i Policloro Bifenili, gli oli che venivano utilizzati per abbassare la temperatura dei trasformatori elettrici. Anche lui non è uscito illeso da quel periodo, ma non ha fatto in tempo a chiedere il risarcimento provvisionale. «A questo punto – afferma – devo dire menomale. Io sono seguito da un altro studio legale, con i Cobas»...

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