TARANTO - «I fatti contestati all'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sono avvenuti a Bari e qui il processo deve essere trasferito a Bari». È quanto, in estrema sintesi, ha sostenuto l'avvocato Vincenzo Muscatiello difensore dell'ex governatore condannato in primo grado nel processo Ambiente Svenduto a 3 anni e 6 mesi per concussione ai danni dell'ex direttore generale di Arpa Puglia Giorgio Assennato affinché ammorbidisse la sua linea contro l'ex Ilva di Taranto. Nella quinta udienza del processo d'appello, le difese continuano a sollevare le questioni preliminari e ieri mattina l'avvocato Muscatiello ha preso la parola per chiedere, ancora una volta, il trasferimento degli atti nel tribunale barese per la posizione di Vendola: secondo il difensore, infatti, i fatti contestati a Vendola non avrebbero alcun collegamento con quelli di cui devono rispondere i Riva e gli altri vertici della fabbrica ionica.
Una tesi già presentata nei precedenti gradi di giudizio e sempre rigettata dai giudici: per la procura, e per la Corte d'assise che a maggio 2021 ha condannato l'ex presidente della giunta regionale, infatti le pressioni compiute da Vendola sarebbe invece una dimostrazione del cosiddetto “sistema Riva” fondato sulla costruzioni di rapporti che avrebbero consentito alla fabbrica di evitare nel corso degli anni azioni che limitassero o bloccassero al produzione generando perdite alle società della famiglia Riva.
Nelle 3700 pagine di motivazioni, al corte d'assise ha infatti spiegato che la concussione compiuta dall’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola nei confronti di Assennato «si realizza in modo progressivo, con una condotta composita, parcellizzata in più momenti, sicché la costrizione della volontà della persona offesa si è realizzata in modo graduale»...