TARANTO - «Cinquemila euro non possono restituire ai tarantini quello che hanno patito per tutti questi anni e purtroppo ancora stanno patendo». Vincenzo Rienzi è uno degli avvocati del Codacons che, insieme con i colleghi Adriano Minetola e Giuliano Leuzzi, ieri mattina ha consegnato gli assegni del valore totale di 155mila euro alle 31 parti civili coinvolte nel processo «Ambiente Svenduto» seguite dall’associazione. Si tratta di una provvisionale disposta dalla Corte d’Assise, cioè una corresponsione anticipata di denaro prima della decisione definitiva del giudice. Cinquemila euro a favore delle parti lese che per l’avvocato Rienzi non sono abbastanza. «Mi capita molto spesso - spiega - di interfacciarmi con una di queste persone e il mese dopo magari con la figlia perché nel frattempo il mio interlocutore non c’è più. Purtroppo è accaduto più di una volta. Oggi abbiamo consegnato tanti assegni a figli di persone che sono venute a mancare, di chi sia la colpa ce lo dirà la corte d’Appello, per ora la sentenza di primo grado ha detto che la colpa è stata dei Riva. Poi vedremo». Sono 31 le famiglie che intorno al 2012 si sono rivolte al Codacons e, sostenute dagli avvocati dell’associazione, si sono costituite parte civile, ottenendo ragione in primo grado.
La signora Pina Falco è una di loro. Casalinga sulla settantina, Pina è affetta da una malattia autoimmune dovuta, secondo i medici, ad agenti chimici tossici che hanno contribuito a scatenare la patologia. Nonostante le cure afferma di non riuscire ancora a dormire la notte e, mostrando le dita gonfie e bitorzolute dice: «Ho forti dolori reumatici, ho problemi alle mani che non posso neanche immergere nell’acqua. Per poter stare un po’ meglio – spiega - devo assumere dei farmaci e fare delle flebo per stimolare la circolazione del sangue, ma non le sopporto, sono forti, non riesco a farne una intera». La signora Pina, però, può dirsi fortunata perché è riuscita a lasciare il quartiere Tamburi per andare a vivere nella borgata di Talsano, vicino al mare. «La mattina si respira – dice - apro le finestre e c’è l’aria pura e limpida. Sono riuscita a trasferirmi da un mese perché avevo bisogno di tranquillità e mi sembra di averla trovata». Il merito è di suo figlio che l’assiste e che ha cercato di trovare una sistemazione quanto più possibile lontana dall’Ilva per lei e la sua famiglia. «Voglio far crescere meglio i miei figli – sostiene Antonio, figlio di Pina - non voglio che debbano affrontare i problemi che abbiamo avuto noi. Sono stato dipendente dell’acciaieria e so da vicino cosa voglia dire vivere in quell’azienda, così ho deciso di cambiare professione».
Per Cataldo Basile, 56 anni, non è stato possibile allontanarsi dal quartiere. «Non riusciamo a vendere la casa, i prezzi sono così bassi che ci sembra di regalarla». Lui ha lottato con un doppio carcinoma alla tiroide che gli ha lasciato dei problemi respiratori come l’asma. La sua famiglia è stata decimata dal cancro: suo padre operaio e le sue sorelle sono morte di questo male. «Una delle mie sorelle – racconta – si è ammalata di mesotelioma lavando le tute di suo marito, che lavorava nella fabbrica a contatto con l’amianto».Il processo, relativo al presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva durante la gestione dei Riva, ha visto la condanna di 26 imputati in primo grado il 31 maggio 2021. Attualmente, il processo d’appello vede imputate 37 persone fisiche e tre società. «Noi – ribadisce l’avvocato Rienzi - non siamo usciti dalla questione Ilva, si sta ancora celebrando il processo di appello “Ambiente Svenduto”, dove daremo battaglia non soltanto per far confermare la sentenza di primo grado, ma anche per eliminare quella eccezione, a mio avviso infelice, sulla richiesta di sospensione delle provvisionali».
Intanto ieri al Mimit il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso con i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia in As, ha incontrato i principali stakeholder della società, oltre 20 aziende e associazioni nazionali e internazionali. «Censire il fabbisogno di acciaio del mercato nazionale al fine di allineare la ripresa produttiva dell’Ex Ilva con le reali necessità industriali del nostro Paese», l’obiettivo dell’incontro. «Una riunione che rientra nell’ambito del piano di rilancio del gruppo siderurgico, così da preparare un quadro esaustivo anche per i nuovi investitori» ha dichiarato il ministro Urso.