TARANTO - Ha preso il via ieri mattina il processo che dovrà stabilire se le emissioni dell'ex Ilva sono collegate alla malattia e alla morte di Lorenzo Zaratta bimbo di soli 5 anni, ucciso il 30 luglio 2014 da un «astrocitoma» e divenuto simbolo della lotta all’inquinamento a Taranto. Dopo la decisione della Corte d'appello di Taranto di rinviare a giudizio i sei dirigenti della fabbrica accusati di cooperazione in omicidio colposo (inizialmente il gup aveva prosciolto tutti), il procedimento è cominciato ieri dopo due rinvii per omessa notifica.
Lo scontro tra accusa e difesa è subito entrata nel vivo: il pm Mariano Buccoliero ha chiesto l'acquisizione delle maxi perizie dell'inchiesta “Ambiente svenduto” a cui si sono opposti i difensori degli imputati: sarà il giudice Anna Lucia Zaurito nelle prossime udienze a deicdere se ammettere o meno le relazioni che nel 2012 portarono al sequestro della fabbrica ritenendo le sue emissioni causa di malattia e morte per i tarantini.
Alla sbarra sono finiti Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento Ilva fino al 3 luglio 2012 e l'ex responsabile dell’Area Parchi Minerali Marco Andelmi, il capo dell’Area Cokerie Ivan Di Maggio, il responsabile dell’Area Altiforni Salvatore De Felice, i capi delle due Acciaierie Salvatore D’alò e Giovanni Valentino. «Abbiamo la pistola fumante che non solo giustifica un processo, ma addirittura una condanna» aveva scritto il pubblico ministero Mariano Buccoliero nel ricorso presentato dopo la sentenza di proscioglimento emessa dal gup che nella sua sentenza aveva sostanzialmente spiegato che «la letteratura medica, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non consente di affermare la sussistenza di una “correlazione causale” tra inquinamento ambientale-atmosferico e tumori del sistema nervoso centrale, e segnatamente, dell’astrocitoma».
Per il pm Buccoliero, invece, questa motivazione non bastava a negare l'avvio di un processo: per il magistrato inquirente, infatti, non si tratta di analizzare il «rapporto tra inquinamento ambientale e astrocitoma di Lorenzo», ma «il rapporto tra sostanze cancerogene nel cervello di Lorenzo e tumore sviluppato proprio ove tali sostanze sono state trovate». Gli accertamenti svolti dai consulenti dell’avvocato Leonardo La Porta che assiste la famiglia di Lorenzo, infatti, avevano documentato la presenza di ferro, acciaio, zinco e persino silicio e alluminio nel cervello del piccolo Lorenzo e proprio in quelle zone si sono sviluppate masse tumorali. Il processo, quindi, dovrà valutare non il fatto che l’esposizione ambientale possa aver generato un tumore, ma che quelle determinate sostanze ritrovate lo abbiano generato.
La tesi ora dovrà passare al vaglio del giudice di primo grado.