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Il tarantino Montinaro racconta a Milano il censimento degli ebrei

 
Valentina Castellaneta

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Valentina Castellaneta

Il tarantino Montinaro racconta a Milano il censimento degli ebrei

Lorenzo Montinaro

Classe 1997, la sua peculiarità è dare nuova vita al marmo. L’installazione alla cittadella degli archivi dove sono conservati molti documenti del 1938

Martedì 03 Ottobre 2023, 12:53

Rinascere è la parola che forse più delle altre racconta le opere dell’artista Lorenzo Montinaro. Tarantino, classe 1997, la sua peculiarità è dare nuova vita al marmo, che sia quello delle lapidi dismesse, come nel progetto “Casa Vuota” a Roma, o di colonne provenienti da edifici importanti come nell’opera “A Liliana”.

“Rinata” è anche la parola più evidente nella sua ultima opera: un’installazione realizzata per essere posta nel giardino della Cittadella degli archivi, dove sorgono le opere donate dai privati cittadini alla città di Milano e ispirate al patrimonio archivistico.

L’opera, realizzata da Lorenzo Montinaro, è dedicata alla memoria del censimento degli ebrei ed è un dono dall’avvocato Marco Pelligra. «La cittadella degli archivi - spiega Montinaro – è il polo archivistico più grande d’Italia e vi sono conservati un numero di documenti inimmaginabile, tra cui quelli del censimento degli ebrei del 1938». Proprio da questa lista che puntava a contare e schedare il numero e l’identità degli ebrei residenti in Italia, è nata l’idea. «Tendo sempre interessarmi ha cose che vengono dal passato - racconta l’artista – così mi è stato concesso di esaminare tutti i documenti». Una lista fatta di nomi e numeri, ma ciò che ha maggiormente suggestionato Montinaro è stata la parola “discriminato“, totalmente svuotata del suo significato. «Il termine – dice – si trovava sotto alcuni nomi, tra cui quello di Liliana Segre e della sua famiglia. Il modo in cui è usato rompe completamente con il suo utilizzo reale: discriminati erano, infatti, quegli ebrei italiani che ad un primo momento, subito dopo la pubblicazione del Manifesto della razza, da parte del regime fascista, venivano “esonerati” dalle proibizioni e dalle persecuzioni delle leggi razziali, perché avevano servito la nazione in guerra. Un privilegio durato poco perché poi furono deportati anche loro».

Questa parola è diventata la protagonista del lavoro di Montinaro “A Liliana” è incisa su di una lastra in marmo di Carrara bianco nella sua declinazione femminile “discriminata“, come tutta la comunità ebraica. Ma l’artista tarantino non si ferma a questo. Dalla parola “discriminata” si possono vedere ben evidenziate le lettere che compongono un’altra parola: “rinata”. Il termine, fu scelto proprio dalla senatrice a vita in un’intervista, per riferirsi all’incontro che ebbe con l’uomo che sarebbe poi diventato suo marito, Alfredo. Ma la rinascita dei materiali è tipica di Lorenzo, si nota nell’uso delle colonne in marmo dismesse dal teatro della Scala di Milano. «Sdraiate, abbattute e a riposo che oggi si trovano a sorreggere un significato».

Ed è proprio la città di Sant’Ambrogio ad aver adottato l’artista dopo gli studi, ed qui che il quattro di ottobre inaugurerà una mostra personale all’Edicola Radetzky, sui Navigli. Dopo lo aspetta un lungo anno di lavoro. Eppure Montinaro racconta che sarebbe contento di tornare al Sud e che Milano non è riuscita ad incantarlo. «Per un artista che vuole vivere di arte - spiega - vivere nel Mezzogiorno è praticamente impossibile, almeno per ora. Nella mia condizione di emergente devo stare qui perché Milano è la capitale dell’arte».

La verità è che Montinaro ha due sogni nel cassetto: creare una sorta di monumento, un lavoro ambientale permanente da donare a Taranto e avere una mostra personale all’interno del MArTA, il museo archeologico di Taranto, che possa dialogare con la storia che è la sua vera passione.

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