Il caso

Appalti pilotati all'Arsenale di Taranto: 5 condanne e 11 rinvii a giudizio

Francesco Casula

C'è anche un patteggiamento: oggi l'udienza preliminare

TARANTO - Cinque condanne, un patteggiamento e 11 rinvii a giudizio. È l'esito dell'udienza preliminare nei confronti dei 17 imputati coinvolti nell'inchiesta sugli appalti pilotati nell’Arsenale di Taranto per i grandi lavori alle navi della Marina Militare.

Nella tarda mattinata di oggi, la giudice Alessandra Romano, ha emesso la sentenza per i 5 imputati che hanno scelto il rito abbreviato: 4 anni e 6 mesi di carcere per Antonio Di Molfetta 4 anni e 6 mesi il tenente di vascello addetto al «Servizio Efficienza Navi» che per l’affidamento di commesse a diversi imprenditori avrebbe ottenuto in cambio «varie utilità» per la sua nuova abitazione, dai lavori edili e mobili come una madia, una libreria oppure la creazione di una cabina armadio e anche una cucina da 10mila euro.

E poi 4 anni a Daniele Guardascione, difeso dall'avvocato Riccardo Mele, e il dipendente civile Federico Porraro, quest’ultimo difeso dall'avvocato Maurizio Besio e accusato di aver fornito al cartello i bandi di gara prima della loro pubblicazione ricevendo in cambio una tangente da 700 euro. E ancora 1 anno e 8 mesi con sospensione della pena per Giovanni Pletto: nei confronti di quest'ultimo l'accusa aveva chiesto una condanna a 2 anni, ma il giudice lo ha assolto dall'accusa di associazione a delinquere e ha inflitto una una pena più lieve per gli altri reati.

Infine 1 anno di reclusione con sospensione della pena a Giuseppe De Monte. Ha invece patteggiato 1 anno e 8 mesi con sospensione condizionale il 63enne Abele D'Onofrio. Infine il giudice ha disposto il rinvio a giudizio per altri 11 imputati: sarà quindi un processo a fare luce sulle eventuali responsabilità penali degli imprenditori Armando Di Comite, difeso dall'avvocato Adelaide Uva, Angelo Raffaele Ruggiero assistito dagli avvocati Edmondo Ruggiero e Viola Mastronardi, Alessandro Di Persio difeso dall'avvocato Luigi Esposito, Nicola Pletto difeso dall'avvocato Gianluca Mongelli, Giona Guardascione, Giacinto Pernisco assistito dall'avvocato Egidio Albanese, Pierpaolo Iaia difeso dall'avvocato Antonella De Fazio e Antonio Sottile. Sotto processo, inoltre, è finito anche Fabio Greco imprenditore a capo dellAigi, l’Associazione Indotto AdI e General Industries fondata dopo l'esodo di circa sessanta imprese da Confindustria. Anche Cristiano Nervi, ammiraglio della Marina militare all’epoca dei fatti direttore dell'arsenale è finito a giudizio: “L’ ammiraglio – ha dichiarato l'avvocato Fausto Soggia che assiste all'avvocato Nicola Marseglia, assiste l'alto ufficiale - è assolutamente sereno e impaziente di poter dimostrare la sua totale estraneità ai fatti contestati. Riteniamo, infatti, che sussistano tutti gli elementi per poter dimostrare nel corso del dibattimento come i bandi di gara fossero strutturati per massimizzare la concorrenza e la partecipazione delle aziende italiane ed estere e, di conseguenza, non certo a favore dell’indotto locale”.

Il difensore di Nervi ha inoltre spiegato che le gare erano pubblicate sul Mercato elettronico della Pa e hanno superamento senza rilievi gli accertamenti della Ragioneria dello Stato, della Corte dei Conti dell’Anac. “Va evidenziato – ha concluso il legale - che gli inquirenti stessi non hanno mai ipotizzato che le azioni poste in essere dall’ammiraglio Nervi fossero improntate alla ricerca dell’interesse personale, bensì orientate a favore della Forza Armata”. Secondo le indagini dei finanzieri coordinati dall'ex procuratore aggiunto Maurizio Carbone, oggi in servizio al Csm, Consiglio Superiore della Magistratura, gli imprenditori Di Comite, Ruggiero, Di Persio, Greco, Nicola e Giona Guardascione e Pernisco, avrebbero dato vita a un’associazione a delinquere «promossa e diretta dall’imprenditore Di Comite» che secondo le indagini era finalizzata alla «turbativa d’asta e corruzione aggravata».

Le imprese, in sostanza, avrebbero creato un cartello di imprese collegate tra loro per pilotare l’assegnazione a loro favore degli appalti gestiti dall’Arsenale e dalla Stazione Navale di Taranto: un gruppo di aziende che avrebbe estromesso le imprese concorrenti e si sarebbe assicurato «illeciti profitti di ingente quantità».

Gli investigatori hanno quantificato in 14 milioni di euro il giro d’affari pilotato dagli indagati solo nel giro di un anno tra il 2018 e il 2019.

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