La vertenza

Taranto, manca l'accordo sulla Cassa integrazione in deroga all'ex Ilva

Nulla di fatto dopo l'incontro al ministero del lavoro. Acciaierie Italia vuole 2500 operai in cig per un anno a partire dal 20 giugno

TARANTO - Si è concluso con un verbale di mancato accordo l’incontro in videoconferenza convocato oggi dal ministero del Lavoro per proseguire l’esame congiunto della richiesta di cassa integrazione straordinaria in deroga avanzata da Acciaierie d’Italia, a partire dal 20 giugno, per un numero massimo di 2.500 lavoratori dello stabilimento di Taranto e per la durata di un anno.

Come era accaduto nel pomeriggio di martedì, anche questo confronto è terminato con un nulla di fatto. Roberto D’Andrea, coordinatore nazionale siderurgia Fiom Cgil, e Francesco Brigati, segretario generale Fiom Cgil Taranto, parlano di «una situazione di incertezza per i lavoratori e per la complessità della vertenza ex Ilva che, in assenza di un quadro chiaro sul futuro occupazionale, industriale e ambientale, rischia di implodere sia dal punto di vista sociale che ambientale».

Secondo i due sindacalisti, «è del tutto evidente che la vertenza ex Ilva è in una fase di stallo per responsabilità della multinazionale, sia nella gestione della cassa integrazione, che di investimenti certi sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie e di rilancio della produzione dello stabilimento di Taranto e degli altri siti e per responsabilità del governo che, ad oggi, non ha fatto chiarezza sui futuri assetti societari, soprattutto nella mancata presentazione di un piano industriale che riguarda anche la transizione ecologica». Le problematiche «relative alla vertenza ex Ilva - concludono - non si risolvono esclusivamente con un ulteriore decreto con l'intento di mettere una pezza all’ammortizzatore sociale richiesto dalla multinazionale. Occorre attivare da subito un tavolo ministeriale per affrontare in maniera definitiva la vertenza ex Ilva, partendo da un cambio dell’attuale management attraverso l’ingresso in maggioranza di Invitalia nel capitale sociale di Acciaierie d’Italia necessario a garantire un rilancio produttivo del gruppo». 

Anche Valerio D’Alò, coordinatore siderurgia della segreteria nazionale della Fim Cisl, è uscito deluso dall'incontro. «Non abbiamo riscontrato nessun margine di trattativa con Adi - spiega - per poter addivenire ad un accordo. Rimangono delle rigidità e un’inaffidabilità da parte dell’attuale management di Acciaierie D’Italia che non permette nessun tipo di avanzamento. Il nostro auspicio è che per quanto riguarda le competenze della Regione Puglia e del Ministero del Lavoro sulla gestione della copertura della cassa integrazione per i lavoratori, si trovi una soluzione rapida, anche rispetto a nuovi strumenti e interventi messi in campo dal Governo».

«Ribadiamo l'importanza - aggiunge D’Alò - che qualunque sia la decisione, venga tutelato il salario dei lavoratori così come abbiamo fatto responsabilmente lo scorso mese di marzo con l’accordo che firmammo all’epoca. Ma soprattutto, ci aspettiamo sia finalmente fatta chiarezza da parte del Governo sulla volontà di un cambio di governance dell’azienda che possa restituire serenità e affidabilità alle relazioni industriali, oggi compromesse da questa gestione scellerata». 

Acciaierie d'Italia ha dichiarato «l'intenzione di presentare in tempi brevi istanza, presso la competente Regione Puglia, di accesso allo strumento della Cigs ex art. 44, comma 11 ter del d.lgs. n. 148/2015 (per le imprese operanti in un’area di crisi industriale complessa, ndr)».

La Regione Puglia, in caso di istanza, ha «manifestato - si aggiunge nel documento - la propria disponibilità a convocare in tempi ristretti le parti, previa verifica della competenza territoriale della Regione in materia. La Regione ravvisa la necessità che le Istituzioni competenti, in particolare il Mimit si attivi a convocare le parti, la Regione Puglia ed il Ministero del Lavoro al fine di valutare le ragioni che hanno determinato il mancato accordo registrato in data odierna».

Inoltre, emerge dal verbale, la Regione «ritiene che, cambiando meramente lo strumento di protezione sociale con la causale di Cigs senza affrontare le cause che hanno visto il sindacato esprimere unanimemente parere negativo, sarà impossibile trovare un accordo sull'ammortizzatore sociale si in sede ministeriale quanto in sede regionale».

Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha assicurato «la massima attenzione del Governo nell’adozione, con la necessaria tempestività, di ogni opportuno strumento che consenta di introdurre un ammortizzatore sociale in grado di garantire la protezione del reddito dei lavoratori interessati».

«Le condizioni per poter addivenire ad un accordo per la Cigs in deroga, restano distanti tra organizzazioni sindacali e Acciaierie d’Italia, nonostante la disponibilità manifestata da quest’ultima nel riconoscere i ratei della 13ma mensilità ed il monitoraggio della stessa, perché è fondamentale comprendere i tempi e le modalità necessarie per gestire questa annosa ed onerosa vertenza, che mette a rischio il salario e l’occupazione di 2500 lavoratori».

Lo sostiene Daniele Francescangeli, segretario nazionale con delega alla siderurgia della Ugl Metalmeccanici, che oggi ha partecipato all’incontro insieme al segretario provinciale di Taranto Alessandro Dipino e alla coordinatrice Industria Concetta Di Ponzio.

«È stato accennato al tavolo - aggiunge - dal rappresentante del Ministero del Lavoro che il Governo stia lavorando ad un provvedimento capace di garantire la continuità del reddito come anche la possibilità di attuare quanto previsto dall’art 44, comma 11-ter del D. Lgs. 148/2015, strumento introdotto per coprire le aree di crisi per riorganizzazione, con estensione della capienza dell’ammortizzatore sino al 31 dicembre 2023». Ma «tale scenario - fa rilevare Francescangeli - servirà anche questa volta ad essere una soluzione apparente, senza però aver risolto a monte le problematiche esternate da tutte le organizzazioni sindacali, consistenti nella mancanza di un piano industriale, tanto lungamente invocato ma che risulta essere ancora una chimera, l’attuazione del Decreto del 5 gennaio 2023 con la possibilità di un cambio delle quote societarie e del conseguente cambio di governance che garantisca una prospettiva seria per tutti i lavoratori del perimetro di AdI». 

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