Colpo di scena
Tangenti in Marina a Taranto? Cade l’accusa di associazione a delinquere
Per la Cassazione solo singole corruzioni: per alcune posizioni si torna in appello
TARANTO - A Maricommi non c'era alcuna associazione a delinquere, ma una serie di singole corruzioni tra diversi imprenditori e l'ex comandante Giovanni Di Guardo. È quanto ha stabilito nella serata di ieri la Corte Di Cassazione annullando con rinvio alcune accuse della maxi inchiesta sulla tangentopoli in Marina e disponendo un nuovo processo d'appello che dovrà rivedere la posizione degli imputati.
Una sentenza complicata che arriva al termine di un lunga camera di consiglio dopo un insolito differimento della decisione: accusa e difese, infatti, avevano discusso le loro tesi il 10 maggio scorso, ma i giudici avevano deciso di emettere un verdetto solo il 24 maggio evidentemente per discutere in maniera approfondita di tutta la vicenda. Una nuova composizione della corte d’appello, dovrà quindi decidere se e come modificare le pene nei confronti dell’ex capitano di vascello Di Guardo, l'uomo che per oltre un anno avrebbe pilotato gli appalti della Marina militare nella base di Taranto. Nel precedente giudizio di secondo grado era stato condannato a 9 anni e 2 mesi di reclusione. Annullamento con rinvio anche nei confronti di Marcello Martire, assistito dagli avvocati Salvatore Maggio ed Enzo Sapia e che in appello aveva rimediato una pena a 6 anni e 10 mesi, di Elena Corina Boicea, compagna dell’ex comandante di Guardo che era stata condannata a 4 anni e 8 mesi. Ma oltre al reato di associazione a delinquere, la Cassazione ha annullato con rinvio anche altre accuse: come quella per corruzione nei confronti dell'imprenditore Giuseppe Musciacchio, assistito dagli avvocati Ottavio Martucci e Michele Laforgia, e Vincenzo Calabrese difeso dall'avvocato Vincenzo Ciaffi del Foro di Roma. In attesa di leggere le motivazioni, sembrano però, confermate tutte le singole accuse di corruzione contestate dalla procura di Taranto: in sostanza per la Cassazione non era un sistema organizzato tra i diversi imprenditori e il comandante Di Guardo, ma tanti canali diretti aperti dal militare con i titolari delle imprese che offrivano servizi e forniture a Maricommi. Confermata, infine, anche in secondo grado la condanna a 1 anno di reclusione per Gaetano Abbate.
Un nuovo capitolo si dovrà quindi aggiungere alla lunga saga giudiziaria partita proprio dall'arresto di Di Guardo pizzicato dai finanzieri, coordinati dall'allora procuratore aggiunto Maurizio Carbone, dopo un incontro clandestino nel quale con l'imprenditore Enzo Pastore avevano provato, senza riuscirci per l'intervento degli investigatori, ad aggiustare un appalto del valore di 11 milioni euro. Di Guardo era giunto a Taranto dopo la prima inchiesta sulle tangenti in marina che aveva portato all'arresto del capitano di fregata Roberto La Gioia: l'uomo che avrebbe dovuto salvare la reputazione della Marina è stato invece coplui che ha generato un imbarazzo ancora maggiore. Nel giro di un anno, infatti, gli appalti che invece sarebbero riusciti a truccare, con il versamento di una mazzetta del 10 per cento, è del valore complessivo di 5 milioni di euro.