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Taranto, «Un miracolo che non ci siano morti dopo lo scoppio del falò»

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Taranto, «Un miracolo che non ci siano morti dopo lo scoppio del falò»

Il questore Massimo Gambino: «Esiste un modo per salvare tradizioni e rispetto delle norme; le istituzioni sono aperte al dialogo». Tre denunce dopo le indagini della Polizia

Martedì 21 Marzo 2023, 12:49

TARANTO - «L’esplosione del falò al quartiere Tamburi non è una questione di delinquenza o di criminalità, ma è frutto di dabbenaggine, di eccessiva superficialità, di situazioni assurde che in nessun modo possono essere condivise e questo va detto in modo chiaro, ma che potevano però essere vissute e gestite in modo diverso».

Questore Massimo Gambino, quello che è successo secondo lei deve essere un insegnamento per tutti?

«Sì, certo, ma deve aiutarci anche a guardare ad altri luoghi di Puglia dove le tradizioni vengono vissute nel rispetto delle regole. Pensate alla “focara” di san Ciro che si tiene a Grottaglie o nei tanti i luoghi del Sud Italia che vivono questo rito. Bisogna cercare di costruire situazioni legali e legittime, certamente non con le porte vecchie raccattate in giro e pezzi di legno trovati per strada. Tenete conto che nei giorni scorsi noi della Questura, ma anche i Carabinieri e la Polizia Locale, abbiamo fatto numerosi sequestri. L’ultimo poco prima dell’esplosione: quattro interventi con sequestri e l’affidamento a Kyma Ambiente del materiale intercettato. Eppure abbiamo visto cosa è successo».

Poteva essere una strage e il fatto che ci siano stati morti è quasi un miracolo…

«Io ne sono convinto: credo davvero che sia stato il Signore Iddio ad aiutarci in una situazione in cui non si è compreso che riempiendo di benzina quel numero di assi di legno sarebbe bastata una scintilla a far esplodere tutto».

Eppure interventi e appelli ce ne sono stati. Forse non sono bastati?

«Evidentemente no, ma guardi io ripeto: sono certo che si possa anche festeggiare nei limiti delle regole che ho detto. Esiste un modo per salvare tradizioni e rispetto delle norme».

Quale?

«Le istituzioni sono aperte al dialogo. Si potrebbe pensare a strutturare un evento con la presenza di Vigili del Fuoco e forze dell’ordine che delimitano la zona in cui vivere queste cerimonie. Un paio di giorni fa il sindaco è giustamente intervenuto condannando la sassaiola ai danni di Polizia Locale e operatori ecologici e condivido in pieno quello che ha detto in quella circostanza e cioè che la cultura deve cambiare, ma la cultura si fa nelle scuole e nelle famiglie prima di tutto: nelle scuole ci proviamo, ma con le famiglie bisogna parlare di più. Secondo me la strada è questa: dialogo e apertura nel massimo rispetto delle regole».

Le famiglie in alcune periferie forse sentono lontane le istituzioni.

«Le istituzioni stanno provando a essere vicine: portare ad esempio la Festa della Polizia nella Città vecchia piuttosto che alla Salinella o ai Tamburi è proprio il segno che vogliamo considerare la città unica e non divisa come la vorrebbe la criminalità. Una città come Taranto merita sicuramente scenari diversi nel panorama nazionale e non per vicende così stupide, nel senso che sono commesse con stupidità»

Le tre persone denunciate sono parte di quella frangia criminale che prospera in una città divisa?

«Ma no, dei tre soggetti individuati uno è un minore e un altro è il padre. Parliamo di soggetti borderline, ma non di criminali nel senso in cui lo intendiamo giuridicamente. Per questo ripeto queste situazioni devono essere meglio gestite: occorre un maggior dialogo con gli enti preposti come il Comune, la Polizia Locale, ma anche con noi come Questura».

Pochi giorni fa Taranto è finita sui media nazionali per la vicenda dei vigli urbani e del corriere, ora c’è questa esplosione, fatti che si aggiungono all’eterna questione dell’ex Ilva: secondo lei il resto d’Italia che idea si è fatta di questo territorio?

«Nei giorni scorsi però si è parlato anche del dissalatore, il primo in Italia, ma se n’è parlato poco a livello nazionale. Ecco io credo che, fermo restando il legittimo racconto della cronaca, sia opportuno che anche queste belle notizie vengano diffuse nel resto del Paese per consentire di conoscere davvero questa terra».

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