MOTTOLA - È accaduto solo in quella occasione e sono profondamente addolorato. È quanto in estrema sintesi ha raccontato in aula il 25enne Ivan D’eredità, arrestato dai carabinieri di Massafra il 12 luglio scorso con l’accusa di tortura, maltrattamenti e sequestro di persona nei confronti dello zio disabile Carmelo Aloisio, 56enne con disabilità psichiche deceduto qualche settimana dopo. Dinanzi al giudice Fulvia Misserini, che sta celebrando il processo con rito abbreviato, D’eredità, difeso dall’avvocato Cristiano Rizzi, ha manifestato il suo pentimento per quelle violenze immortalate dalla telecamera e intercettate dai militari che sono prontamente intervenuti. In aula, oltre a lui, sono stati esaminati anche alcuni familiari che hanno raccontato episodi per tentare di ridimensionare la vicenda.
Il pubblico ministero Francesco Ciardo aveva chiesto e ottenuto il giudizio immediato, ma l’avvocato Rizzi, ha optato il rito alternativo condizionato all’ascolto, appunto, di alcuni testimoni. Il magistrato, com’è noto, ha contestato al 25enne anche il reato di tortura per i pugni e le bastonate che l’anziano disabile ha ricevuto mentre era rinchiuso nella stanzetta nell’appartamento di Mottola. Violenze riprese da una telecamera a circuito chiuso che sono poi finite sui social network e diventate virali permettendo ai carabinieri di intervenire per liberare la vittima e arrestare il nipote. I carabinieri della compagnia di Massafra, una volta arrivati hanno accertato che l’uomo era rinchiuso all’interno di una stanza nella quale non solo non c’era neppure una bottiglia d’acqua, ma che la chiusura della porta gli impediva persino di andare in bagno. Il giudice Giovanni Caroli confermando la custodia cautelare in carcere per D’Eredità, aveva parlato di comportamento «crudele» confermando anche l’accusa di tortura ipotizzata dalla procura: nell’interrogatorio di garanzia il 25enne aveva semplicemente detto di non ricordare quanto era accaduto.
La vicenda era immediatamente finita sui media nazionali in occasione dell’arresto del giovane, ma poi aveva suscitato un nuovo vespaio di polemiche quando a Mottola erano comparsi i manifesti funebri sui quali era riportato anche il nome del suo presunto carceriere. La famiglia aveva inizialmente fissato il funerale per il 25 luglio, ma l’intervento della magistratura per l’esecuzione dell’autopsia aveva bloccato tutto. I funerali di Carmelo Aloisio sono stati celebrati solo il 3 agosto, ma dai nuovi manifestati sparsi per il paese era scomparso il nome del nipote. Inizialmente l’ipotesi della procura era che la morte del 56enne fosse una conseguenza delle percosse subite nella «abitazione-prigione» in cui era rinchiuso, ma gli esiti dell’autopsia hanno però scongiurato questa ipotesi. Una conclusione che ha permesso di escludere le responsabilità di altri indagati inizialmente coinvolti nella vicenda per i quali l’accusa ha chiesto l’archiviazione.
Il processo ora è stato aggiornato alla fine di marzo: in quella occasione il pubblico ministero dovrà tenere la sua requisitoria e infine formulare l’eventuale richiesta di condanna, poi la parola passerà all’avvocato Rizzi e infine il giudice Misserini si ritirerà in camera di consiglio per emettere la sentenza.