Il siderurgico

«A Taranto troppo benzene l’ex Ilva deve intervenire»

Francesco Casula

L’Arpa: emissioni sotto i limiti di legge, ma da gennaio a novembre superate le medie dei tre anni precedenti

TARANTO - Acciaierie d’Italia «adotti tutti i possibili interventi correttivi di riduzione delle emissioni di benzene» nell’ex Ilva di Taranto. Lo scrive Arpa Puglia in una nota inviata pochi giorni fa alla società che gestisce la fabbrica di Taranto, per la prima volta indicata nero su bianco come la fonte da cui provengono le emissioni di benzene, sostanza altamente nocive visto che è classificata come «cancerogeno certo per l’uomo».
La missiva del 5 gennaio è firmata dal direttore generale Vito Bruno, dal direttore scientifico Vincenzo Campanaro e dal direttore del dipartimento di Taranto Vittorio Esposito, ha tra i destinatari anche i commissari straordinari dell’ex Ilva, formalmente proprietari della fabbrica e gestori fino al 2018: la struttura commissariale, stando a quando risulta alla «Gazzetta» avrebbe già risposto alla nota Arpa spiegando che è Acciaierie d’Italia l’attuale gestore e quindi l’unico che può agire per ridurre le emissioni.

La missiva conferma gli allarmi lanciati nelle scorse settimane dalle associazioni ambientaliste sulla nuova emergenza benzene a Taranto: «L’intera rete di centraline di qualità dell’aria di pertinenza AdI Spa - si legge nella nota - ed il sistema di monitoraggio ad alta risoluzione temporale ottico-spettrale lungo tutto il perimetro dello stabilimento AdI hanno registrato un concomitante incremento delle concentrazioni di benzene».

Nel documento, infatti, Arpa riporta la media dei primi 11 mesi dell’anno scorso evidenziando che per la stazione «Tamburi Via Orsini» il valore medio delle rilevazioni tra gennaio e novembre 2022 è pari a 3,3 microgrammi per metro cubo ed è «superiore» alle medie annue dal 2019 fino al 2021. Nel 2019 infatti il valore medio era di 1,3 microgrammi per metro cubo, nel 2020 di 2,8 microgrammi per metro cubo e infine nel 2021 di 2,9 microgrammi per metro cubo. Un valore, com’è evidente, in costante crescita negli ultimi anni. La stessa situazione si può rilevare nella centralina «Tamburi Via Machiavelli»: 1,9 microgrammi per metro cubo nel 2022 rispetto allo 0,8 del 2019, a 1,7 del 2020 e del 2021.

I valori, ovviamente, diventano ancora più alti nelle misurazioni compiute dalle centraline all’interno della fabbrica: nei primi 11 mesi del 2022 la stazione Cokeria ha registrato un valore medio di 33,2 microgrammi per metro cubo: valore quasi doppio rispetto al 2019 (18,4 microgrammi per metro cubo), e superiore anche al 2020 (28,4) e 2021 (22,8). Anche la stazione di controllo posizionata nell’area Parchi minerali, quindi particolarmente vicina al caseggiato del quartiere Tamburi, ha raccolto un valore medio di 5,2 microgrammi per metro cubo, superiore alle medie annue del 2019 (1,4), 2020 (3,9) e 2021 (3,9).
Fondamentali, per comprendere la portata del fenomeno, sono due elementi. Il primo è che in Italia il «valore limite per un periodo di mediazione di un anno» è pari a 5 microgrammi per metro cubo: in questo caso solo una delle centraline - quella dei Parchi minerali - sarebbe al momento oltre il limite di legge. Il secondo elemento, invece, sono le preoccupazioni di carattere sanitario espresse dalla Asl di Taranto in una nota del 28 dicembre: «Il rispetto del valore limite annuale di 5 microgrammi per metro cubo fissato dal decreto legislativo 155/2010 non garantisce l’assenza di rischi per la salute umana, soprattutto in una popolazione, come quella dell’area di Taranto, esposta per anni ad importanti pressioni ambientali con numerose e documentate ricadute sullo stato di salute». Non solo.

L’Asl ionica ha ricordato che anche la Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, in merito al benzene ha chiarito che «non possono essere raccomandati livelli sicuri di esposizione» e che «sono necessarie azioni di sanità pubblica per ridurre l’esposizione al benzene nei lavoratori e nella popolazione generale». In sostanza anche il rispetto della legge non esclude danni alla salute di operai e cittadini. Una questione che sembra ripercorrere l’emergenza benzo(a)pirene del 2010 che finita poi nella maxi inchiesta «ambiente svenduto» che ha portato alle condanne nel 2021 per la famiglia Riva e la dirigenza di quella gestione aziendale. Per l’Asl di Taranto, quindi, l’obiettivo è che «si raggiunga nel più breve tempo possibile una netta riduzione delle emissioni di benzene al fine di tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori dell’acciaieria». Arpa Puglia, quindi, ha chiesto direttamente ai gestori, ritenuto dalla testo unico per l’ambiente «l’unico responsabile degli eventuali danni arrecati a terzi o all’ambiente in conseguenza dell’esercizio dell’installazione» di agire immediatamente per ridurre le emissioni di benzene. La risposta, per ora, non è ancora arrivata. 

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