TARANTO - Cooperazione in omicidio colposo. È l’ipotesi di reato contestata dal pubblico ministero Francesco Ciardo nei confronti di sei indagati per la morte di una donna avvenuta il 18 marzo 2019 all’interno della Cittadella della carità di Taranto. Dall’avviso di conclusione delle indagini notificato nei giorni scorsi, emergono i nomi delle persone finite nel registro degli indagati: si tratta di Salvatore Sibilla, attuale presidente della Fondazione Cittadella della Carità, il predecessore Sergio Prete in carica fino dal 28 agosto 2018 a febbraio 2018, l’ex dirigente Nicola Rosato, l’ex direttore sanitario Giuseppe Russo e Renzo Curto, responsabile, per conto di società esterne, dell’esecuzione del contratto di “Mantenimento Analisi Rischio Biologico Legionella” stipulato con la Fondazione.
Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, una delle concause del decesso della donna sarebbe stata proprio la presenza di batteri di legionella in alcune zone della struttura. I vertici della Fondazione, secondo l’ipotesi accusatoria, non avrebbero effettuato la dovuta disinfestazione di alcuni impianti che corrosi dal tempo avrebbero favorito il proliferare della legionella che avrebbe poi generato una polmonite nell’anziana donna. Il pm Ciardo ha infatti contestato che già un mese prima del decesso, i vertici della Fondazione erano a conoscenza degli esiti di alcune analisi svolte sulla struttura, ma non avrebbero tempestivamente agito per rispristinare le condizioni opportune. Infine, ai vertici della Cittadella e Curto come responsabile del servizio di Mantenimento Analisi Rischio Biologico Legionella, è contestata l’omessa manutenzione preventiva su una serie di impianti nonostante fosse prevista dal contratto stipulato con la fondazione.
Il sesto soggetto indagato è la persona giuridica «Fondazione Cittadella della Carità»: il magistrato inquirente ha contestato la responsabilità amministrativa dell’ente evidenziando per «non aver adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati» che avrebbe sostanzialmente permesso all’ente di conseguire un profitto «costituito dai risparmi di spesa derivanti dalle omesse manutenzioni».
Gli indagati e i loro difensori, avranno ora 20 giorni di tempo dal momento della notifica per chiedere di essere interrogati o presentare memorie fornendo la propria versione dei fatti. Poi toccherà al pm Ciardo decidere se archiviare le accuse oppure chiedere il rinvio a giudizio.