Venti di guerra
Taranto, «Io a Mosca da dieci anni, ora penso di fare i bagagli»
Maurizio Morlando, insegnante di Italiano, racconta: «Non ci manca da mangiare ma ci sono file ai bancomat e il rublo è in caduta libera»
TARANTO - «Bancomat a secco, ultime risorse a vista, non ci resta che impacchettare il più possibile e parcheggiarlo in un deposito in attesa di capire in questi giorni quello che succederà con l’Ucraina: dovessi andare via, lascerei qui gran parte del mio cuore, stavo costruendo il futuro mio e dei miei».
Maurizio Morlando, tarantino, insegnante di italiano e fonetica, non ancora sessantenne, residente a Mosca da circa dodici anni, una compagna russa e una bimba di appena sei anni. «Quando sono arrivato a Mosca con quaranta rubli portavi a casa un euro, oggi, di colpo, tutto quadruplicato, da un giorno all'altro: vuoi un euro, tira fuori dai centocinquanta ai centosessanta rubli, un disastro; cinque anni fa le prime avvisaglie: un euro uguale cento rubli».
Morlando, spesso ospite dei canali nazionali in qualità di opinionista, prima con interprete al seguito, da qualche anno a ruota libera, padrone com’è del russo, è disorientato. «In questi giorni c’è stata una corsa al bancomat, obiettivo prendere più soldi possibili per avere contanti che potessero servire a tirare avanti e nello stesso tempo capire cosa in realtà potesse accadere: digitato la richiesta di cinquecento euro, usciti appena cento, c’è da diventare matti; ho contattato la padrona di casa, scusandomi del ritardo, non è mia abitudine: qui un affitto medio oscilla intorno ai mille euro al mese; vivo in centro, se così si può chiamare la zona nevralgica di Mosca, venti milioni di abitanti fra capitale e l’intera provincia; con i prezzi di qualsiasi cosa balzati alle stelle, qualsiasi strategia diventa insostenibile».
Ne ha risentito il lavoro. «Di più, è come se qualsiasi occasione si fosse dileguata in un amen; operatori e imprenditori con i quali avevo progetti a breve scadenza, non rispondono più al cellulare, e quei pochi che hanno ancora il coraggio di sentirti, rimandano il tutto ai prossimi giorni».
Che aria si respira a Mosca, insistiamo. «Malumore totale. Parlare di guerra nel 2022 credo sia fuori luogo; è la seconda sciagura che si è abbattuta sul Paese, che io amo da matti: mentre ci stavamo smarcando dal covid con mille ristrettezze e vedevamo un po’ di luce, ecco la guerra all’Ucraina e le ritorsioni di governi occidentali…».
Come fa, come farà, cento euro. «In queste ore, attendo conferma, si parla addirittura di conti congelati: ho un’altra carta di credito, non ci manca da mangiare e per comprare i biglietti della Turkish Airlines, millecinquecento euro per tre persone: qui non ci sono aerei, ci tocca partire per Istanbul e poi lì imbarcarci per Roma».
Vita quotidiana completamente stravolta. «Se non hai denaro sufficiente a gestire anche l’ordinario, fitto di casa, auto, benzina, spesa, tutto si complica: se andiamo avanti di questo passo mi tocca tornare in Italia e, con i problemi di occupazione esistenti nel mio Paese, la situazione si complica.È stata una mazzata inattesa, inutile girarci tanto intorno».
Cosa fa Morlando. «Insegno italiano e fonetica, il mio studio fino a qualche tempo fa sembrava uno studio dentistico, finivo con uno e avanti un altro: non toccavo il guadagno degli chef dei tempi d’oro, fino a cinque sei anni fa, tipo diecimila, ma anche quindicimila euro mensili, ma vivevo bene…».
«Gli chef l’ago della bilancia: quando sono arrivati, segno di opulenza e guadagno cieco; quando hanno cominciato a raccogliere mestoli e scodelle, e togliere il disturbo, è cominciata la cura dimagrante e il ritorno a casa: magri guadagni, dai quindicimila euro ai cinquemila mensili. Arrivai qui con il mio buon inglese, avendo un curriculum di tutto rispetto cominciarono a chiamarmi prima le produzioni, poi gli studi televisivi in qualità di opinionista».
Adesso tutto è cambiato. «Ma da un giorno all’altro. Io e altri amici nelle mie stesse condizioni, raccogliamo informazioni frammentarie e tutto cambia in poche ore: qualcuno invoca una tregua, qualche altro lo stop definitivo, ma come si sono messe oggi le cose francamente la soluzione non la vedo così immediata. Spero di sbagliarmi: il mio cuore dice Russia, ma il modo in cui viviamo non fanno presagire qualcosa di buono; così ho messo in preventivo anche tornare in Italia, considerando che oggi restare qui, a queste condizioni, equivale a sopravvivere»