L'accordo
Taranto, Conte si autoinvita al tavolo sull'Ilva
Regione e Comune accolgono la richiesta del premier
Il premier Giuseppe Conte vuole partecipare al tavolo che dovrà portare all’accordo di programma per l’ex Ilva chiesto dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e dal sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e dunque ha chiesto, contattando il capo di gabinetto Claudio Stefanazzi, uno slittamento della riunione programmata per ieri. La riunione si terrà nei prossimi giorni, compatibilmente con gli impegni del Presidente del Consiglio, ma il rinvio non sembra intralciare il patto tra ArcelorMittal Italia e Invitalia. Anzi, stando a quanto risulta alla Gazzetta, nelle ultime ore sarebbe stato definito il coinvestimento dello Stato nel capitale della società dell’acciaio, inizialmente al 50 per cento per poi salire al 60 nel 2022.
La Regione e il Comune di Taranto contestano l’accordo sia perché le istituzioni del territorio non sono state coinvolte nella discussione, sia perché l’intesa - che punta a far produrre all’ex Ilva nel 2025 8 milioni di tonnellate di acciaio - non offre, secondo loro, adeguate garanzie di risanamento ambientale. Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, nei giorni scorsi, ha avuto una serie di incontri: associazioni e movimenti cittadini, associazioni datoriali, parlamentari del territorio e consiglieri regionali Puglia eletti in provincia di Taranto, sindaci. A tutti ha illustrato la posizione dell’ente, raccogliendo indicazioni. Il Comune vuole approfondire due ipotesi alternative all’accordo ArcelorMittal Italia-Invitalia. Una prevede la decarbonizzazione completa della produzione di acciaio, con incremento di forni elettrici senza altiforni tradizionali, e l’altra la chiusura dell’area a caldo, con la sola lavorazione di bramme di acciaio e lamiere. Le due ipotesi alternative offrono per il Comune di Taranto maggiori garanzie ambientali ma non salverebbero tutta l’occupazione del gruppo, 10.700 addetti di cui 8.200 a Taranto, che invece l’intesa tra ArcelorMittal Italia e Invitalia tutelerebbe a regime di piano, cioè nel 2025, dopo una non breve transizione con il ricorso per circa 3000 operai alla cassa integrazione. La decarbonizzazione completa con i forni elettrici prevede 4.200 esuberi, la chiusura dell’area a caldo, invece, 4.600.
Invitati al tavolo per l’accordo di programma anche i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil che però, ben prima che si sapesse del rinvio accordato a Conte, avevano deciso di disertare l’invito, sostenendo in un documento che «l’iniziativa nasce sotto gli auspici sbagliati». Per i sindacati, «anche sotto il profilo formale, duplicare i tavoli di trattativa al di fuori di una strategia progettuale preventivamente concordata che individui esattamente gli ambiti e i limiti di azione, costituirebbe una pericolosa deviazione che esporrebbe al rischio di ulteriori contrapposizioni già in fase di avvio di questo nuovo progetto, indebolendolo». All’incontro, quando ci sarà, parteciperanno invece Fim, Fiom e Uilm.