La decisione
Mittal Taranto, 120 in cassa integrazione per ridotti volumi da imbarcare
Lo comunicano i sindacati che contestano la decisione all'azienda
TARANTO - Le Rsu di Fim, Fiom, Uilm e Usb dello stabilimento siderurgico di Taranto hanno scritto alla direzione di ArcelorMittal contestando la decisione dell’azienda di aumentare (di 120 unità), a partire da domani, il numero dei lavoratori del 3° e 5° sporgente del porto (reparto Ima) da collocare in cassa integrazione a causa della mancanza di prodotti da imbarcare. Complessivamente nei due sporgenti sono occupati circa 210 operai.
«Riteniamo che tale iniziativa aziendale - osservano - sia dettata dal fatto che anche in questa fase complicata l’azienda stia cercando di trarne profitti, in quanto al 5° sporgente siamo a conoscenza della presenza di una nave con destinazione Genova pronta ad imbarcare coils e che quindi cozza con l'informativa aziendale in quanto il materiale da imbarcare risulta già presente in banchina e pronto per la spedizione».
La problematica del «vuoto nave» - si afferma ancora da parte di Fim, Fiom, Uilm e Usb - più volte è stata «posta all’attenzione aziendale ma ad oggi l’unica soluzione trovata è stata quella di collocare i lavoratori in cassa integrazione. Riteniamo inaccettabile - proseguono le Rsu - l’atteggiamento dell’azienda poiché tale situazione sta provocando incertezze e perdita di salario per i lavoratori che prestano attività presso tutti gli sporgenti, considerando che gli stessi vengono collocati in cassa integrazione per motivi legati alla produzione, all’allerta meteo, al vuoto nave e oggi si aggiunge la mancanza di prodotto». I sindacati sollecitano un incontro urgente e chiedono «nel transitorio di sospendere tale iniziativa».