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Anziano pestato a morte: tre bulli di Manduria tornano in aula a maggio

 
Vittorio Ricapito

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Vittorio Ricapito

La banda dei bulli

La requisitoria del pm era slittata per lo stop forzato alle udienze

Giovedì 23 Aprile 2020, 11:51

MANDURIA - È slittata al prossimo 8 maggio l'udienza del processo chiamato a far luce sulla morte di Antonio Cosimo Stano, il pensionato disabile di 66 anni per anni vittima di aggressioni da parte di bande di ragazzini a Manduria, morto il 23 aprile dello scorso anno dopo il ricovero in ospedale.
Per quel giorno è prevista la requisitoria della pubblica accusa e delle parti civili. A processo, con rito abbreviato, sono finiti tre maggiorenni, due diciannovenni e un ventitreenne, accusati di morte a seguito di tortura, danneggiamento, violazione di domicilio, furto e lesioni.

Non solo i tre maggiorenni sono finiti al centro dell’inchiesta sulle numerose aggressioni, veri e propri raid in casa e aggressioni per strada a calci e pugni, subìti dall’anziano. Il tribunale dei minori ha già processato tredici ragazzi, tutti di 16 e 17 anni, accusati degli stessi reati. Per loro il processo si è interrotto grazie alla messa alla prova, un percorso di pentimento e di impegni sociali, guidato da psicologi e assistenti sociali che, se concluso con esito positivo, può cancellare accuse e processo. Gli episodi violenti contestati a maggiorenni e minorenni, erano ripresi con le fotocamere dei telefonini dagli stessi imputati e i video condivisi in alcune chat di Whatsapp.

Spetta al giudice Vilma Gilli, ed è qui che si concentrerà la discussione tra accusa e difesa, chiarire se Stano è morto a causa delle torture subìte o del trattamento ricevuto in ospedale. I periti del giudice, il medico legale Roberto Vaglio e il professor Carmine Chiumarulo dell’università di Bari, sono giunti alla conclusione che lo stress per le aggressioni subìte può aver concorso a determinare l’ulcera (o la sua riacutizzazione) che uccise Stano.

Secondo i due medici, inoltre, la paura di subìre nuove aggressioni spinse il disabile a isolarsi in casa, senza nutrirsi per una settimana, causando «con elevata probabilità» un ritardo nella diagnosi, con notevoli ripercussioni sulle condizioni cliniche con cui il paziente affrontò l’intervento chirurgico. In una complessa relazione di 89 pagine, i due periti, tuttavia, hanno espresso anche riserve sui medici del reparto di chirurgia, che all’insorgere di una perdita di sangue avrebbero dovuto trasferire il paziente in altro ospedale. Diverse le conclusioni dei consulenti della difesa (avvocati Armando Pasanisi, Franz Pesare, Gaetano Vitale e Lorenzo Bullo), i medici Rosario Sacco e Massimo Brunetti.
Per loro non furono le lesioni e le aggressioni a causare la morte di Stano ma più probabilmente il trattamento ricevuto in ospedale. Secondo i consulenti della difesa lo stress può causare un’ulcera ma non la sua perforazione e viste le condizioni cliniche, il paziente non andava sottoposto al terzo e al quarto intervento chirurgico ma trasferito in altro ospedale.

Per i difensori, è impossibile stabilire eventuali responsabilità dei tre imputati nell’insorgere della patologia che ha ucciso il povero Stano dal momento che l’uomo subìva angherie da parte di giovanissimi bulli del paese da almeno dieci anni.

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