dopo l'intesa

Mittal, Emiliano: «Decarbonizzazione sia al centro della trattativa»

Redazione online

Per il presidente occorre trasformare gli impianti a carbone in impianti gas o idrogeno

«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, nel senso che durante una trattativa che peraltro io non gestisco direttamente non ho proprio titolo per parlare. Le sensazioni che abbiamo sono che il discorso chiave di tutta la trattativa sia la decarbonizzazione, cioè trasformare gli impianti a carbone in impianti a gas o a idrogeno. Questo elemento per noi è fondamentale. Se la trattativa proseguirà con al centro la decarbonizzazione, noi ovviamente la seguiremo con interesse anche se, devo dire, lo shock che Mittal ci ha provocato non è uno shock da poco». Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano di commentare il pre-accordo firmato tra ArcelorMittal e i commissari per il siderurgico di Taranto.

«Ho sempre detto - ha proseguito Emiliano - 'se volete chiudere la fabbrica chiudetela, mettete a disposizione 20 miliardi di euro per la re-industrializzazione, per non perdere posti di lavoro e per bonificare, e noi ubbidiremo. Se la volete tenere aperta, però, dovete cambiare il sistema produttivo, cioè eliminare il carbone. La decarbonizzazione della fabbrica è la condizione di ogni altro ragionamento».

Il governatore pugliese ritiene, tra l’altro, che per ArcelorMittal investire sulla decarbonizzazione «sia conveniente, perché gli impianti a carbone della fabbrica attuali sono vecchi: vanno tutti ristrutturati, in qualche caso ricostruiti totalmente - ha rilevato - e non vale la pena ricostruirli con le tecnologie dell’ottocento a carbone».

«Si possono ricostruire a gas - ha concluso - e questa cosa abbatte le emissioni nocive quasi a zero, quindi sarebbe veramente un passo fondamentale; mentre quelle di Co2 le riduce a un quarto».

OPERAI IN AS: SMANTELLARE AREA A CALDO - «Crediamo fermamente che sia arrivato il momento di rompere il ricatto occupazionale, garantendo salario e lavoro, unitamente alla salvaguardia della salute dei cittadini. Quegli impianti vetusti, obsoleti ed impattanti dell’area a caldo sono il vero cancro di questo territorio e vanno smantellati». Lo scrive in una nota un gruppo dei 1.600 lavoratori dello stabilimento siderurgico di Taranto rimasti in capo all’Ilva in As in regime di cassa integrazione straordinaria. «Pretendiamo - aggiungono - il blocco immediato della produzione e il tempestivo avvio di un vero programma di bonifica e tutela dei lavoratori, così come avvenuto con l’accordo di programma di Genova».

I lavoratori richiedono «un incontro urgente a tutte le sigle sindacali del settore metalmeccanico e a un rappresentante del Governo». Gli operai fanno presente che «è in elaborazione un nuovo piano industriale che prospetta esuberi» e «a differenza del 6 settembre 2018, quando l’accordo fu calato dall’alto», questa volta «vogliamo presentare un documento» che «veda come punto cardine la salute del lavoratore, del cittadino, la salvaguardia dell’intero territorio e la tutela dell’occupazione».

«Chiediamo - concludono - che venga riconosciuta a tutti i dipendenti e cassintegrati continuità lavorativa attraverso la bonifica e la riconversione anche al di fuori di quella fabbrica di morte, e ogni altro tipo di risarcimento e benefici per l’esposizione ad agenti cancerogeni ed amianto ai quali siamo stati assoggettati nelle nostre attività lavorative per decenni».

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