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Ex Ilva, si decide il futuro: vertice oggi al Mise. Mittal insiste con 5mila esuberi

 
Mimmo Mazza

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Mimmo Mazza

Conte: «Mittal chiede 5000 esuberi, inaccettabile». Governo disponibile a discutere immunità

Il governo affida a Caio (Saipem) il ruolo di negoziatore

Mercoledì 04 Dicembre 2019, 17:23

TARANTO - Un dirigente di «comprovato valore» che ha «la capacità di trattare nel pieno interesse dello Stato» e questo «potrebbe essere utile al Paese». È piena l’investitura del ministro allo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli al presidente di Saipem Francesco Caio quale negoziatore con ArcelorMittal per la rimodulazione del piano industriale della multinazionale affittuaria del siderurgico di Taranto. Il manager lunedì scorso ha partecipato quale consulente del governo nella trattativa che dovrà portare a un accordo per evitare che il contenzioso sia definito nelle aule di tribunale.
Sul tavolo, stando a quanto risulta alla Gazzetta, ci sono due proposte, anzi due visioni. La prima è quella di ArcelorMittal, la multinazionale che da poco più di un anno gestisce il complesso aziendale Ilva. Le indiscrezioni parlano di una produzione da 4 milioni di tonnellate di acciaio l’anno con due altiforni tradizionali in attesa dell’installazione di un forno elettrico alimentato a preridotto. A presentare il piano sono stati l’amministratore delegato italiano Lucia Morselli, insieme all’amministratore delegato ArcelorMittal Europa Geert Van Poelvoorde e il responsabile della fusioni e acquisizioni di ArcelorMittal Ondra Otradovec. La delegazione era accompagnata dall’avvocato Franco Gianni, uno dei fondatori dello studio Gop che ha seguito sinora Ami in Italia e che sembrava fosse stato messo da parte dalla Morselli. La piattaforma di ArcelorMittal, inoltre, prevederebbe il ripristino delle tutele penali, 5000 esuberi, il dimezzamento del fitto (pari ora a 15 milioni di euro) e anche del prezzo d’acquisto (pattuito in 1,8 miliardi di euro).

Di tutt’altro segno la proposta dei commissari straordinari dell’Ilva Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo che con il direttore generale Claudio Sforza - in predicato di fare l’amministratore delegato, con Francesco Caio presidente, dell’eventuale newco se la trattativa con i francoindiani dovesse fallire - puntano a conservare il target dei 6 milioni di tonnellate d’acciaio liquide all’anno dal siderurgico di Taranto, puntando ad un mix impiantistico composto da due forni elettrici e da due forni a gas da un milione di tonnellate ciascuno e da un altoforno tradizione alimentato a carbone ma con il massiccio di nuove tecnologie meno impattanti sull’ambiente. Questa ipotesi prevede ovviamente il coinvolgimento di aziende partecipate dallo Stato come Snam, Saipem e Fincantieri, con una presenza di ArcelorMittal non più totalizzante nel capitale sociale.
Sono due le emergenze più immediate. La prima è legata ai destini dell’altoforno 2, per il quale entro il 13 dicembre la magistratura tarantina deciderà se prolungare o meno la facoltà d’uso che malgrado il sequestro dura ormai dal giugno 2015. La seconda, invece, riguarda il fronte occupazionale.

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