Pallavolo
Fefè De Giorgi, l’anti-divo: «Fantastico 2022, ma ora rimbocchiamoci le maniche»
Intervista al ct azzurro, in queste ore nella sua Squinzano a godersi il sole della Puglia
In queste ore è nella sua Squinzano a godersi il sole della Puglia. Qualche giorno di relax prima di tornare in campo, perché, in realtà, dal campo, in questi mesi, non è mai uscito. L’oro Mondiale gli ha travolto la vita e, come lui stesso ammette, mentre i suoi ragazzi si sono riposati, lui in vacanza non è mai andato. Lo hanno chiamato nelle scuole a spiegare il successo di questa Italia campione di tutto e di un uomo «normale» che dal profondo Salento è arrivato sul tetto del mondo. Fefè De Giorgi è il modello vincente 2022 della Puglia, l’uomo dell’anno (anche per la Regione che lo ha inserito tra gli esempi da seguire) perché è andato oltre la rete del possibile mettendo a terra sogni che nemmeno si pensava di poter avere.
Fefé De Giorgi, il 2022 è stato talmente bello che c’è quasi da augurarsi che non finisca?
«No, non sono dispiaciuto (ride, ndr). Anzi, sono molto contento di quello che siamo riusciti a fare. Già il 2021 era stato un anno importante, nel 2022 bisognava andare oltre e credo che ci siamo riusciti. Le stagioni passano, gli anni finiscono, bisogna sempre guardare a quello che verrà, è un po’ il senso dello sport che ci dà l’idea che si ricomincia sempre, ci sono nuove opportunità, altre possibilità».
Un mese fa, quando è stato a Bari per la presentazione degli Europei di volley che arriveranno in Puglia a settembre, ha detto che non si è riposato in questi mesi perché ha incontrato gli studenti, i giovani, ha fatto lezione a scuola. Che esperienza è stata?
«È stato molto bello perché ho toccato con mano quello che questa Nazionale è riuscita a trasmettere al di là dei risultati ottenuti in campo. Ho avuto la prova che abbiamo infuso emozioni, sentimenti; le facce pulite e belle dei miei ragazzi hanno colpito e credo che questo sia la cosa più importante, che lascia una traccia e ci dà fiducia. Fa morale e spinge e fare sempre meglio. Ho trovato negli studenti tanta curiosità e molta voglia di sapere».
Cosa che ha ripetuto più spesso ai giovani?
«Ho detto loro che se hanno un sogno devono seguirlo, che i sogni non bisogna farseli togliere, ma per raggiungere quello che si vuole c’è un percorso pratico, fatto di impegno, di fatica, di lavoro quotidiano. Non bisogna pensare a voler essere perfetti, non ci si deve sentire superiori, al contrario bisogna sempre essere convinti di avere limiti. E che quei limiti si possono superare».
Lei è diventato l’uomo pugliese dell’anno per acclamazione popolare in un certo senso, eppure è un anti-divo, un eroe della normalità. Qual è stato il segreto di tanto successo?
«In effetti essere normali oggi sembra una cosa strana. Ma, attenzione, non è una diminutio (ride di nuovo, ndr). Non so cosa abbia colpito in realtà, ma credo forse la storia che c’è dietro a questi successi di oggi, l’uomo che sono stato da giocatore prima e poi da allenatore. Forse l’idea che le vittorie non arrivano per caso, ma c’è tanto lavoro che poi alla fine emerge grazie a un grande impegno. il mio motto è sempre stato deprimersi con coraggio e festeggiare con sobrietà. Non ho fatto nulla di eccezionale, ma ho sempre portato rispetto per tutti, lo chiedo e lo do».
I successi da allenatore la ripagano per le medaglie che invece le sono mancate da giocatore di quella generazione di fenomeni che ha vinto tutto tranne l’oro olimpico?
«No, non ripagano, sono qualcosa di diverso. E poi io da giocatore ho fatto solo una Olimpiade (1988, ndr). Abbiamo iniziato un percorso con la Nazionale con l’idea di non metterci addosso né i meriti né i demeriti del passato, ma di costruire una strada nuova».
Il cerchio si chiuderà a Parigi?
«Il percorso ha quell’obiettivo. Del resto noi allenatori viviamo il paradosso di dover programmare nel lungo periodo, ma senza dimenticarci tutto quello che c’è in mezzo che significa vivere nel presente e nel medio termine».
In tal senso il 2023 è un anno importante che passa anche molto dalla Puglia…
«Ci sono gli Europei, la VNL, il torneo di qualificazione olimpica: è una lunga stagione, ci sarà da rimboccarsi le maniche».
Quanto pensa agli Europei nella sua Puglia?
«Sono contentissimo perché tornare da allenatore della Nazionale campione del mondo a giocare nella propria terra credo sia il massimo. E poi a Bari ci attende una fase importante del torneo (ottavi e quarti, ndr), abbiamo una grande responsabilità».
Lei è un prodotto di Giuseppe Manfredi. Quanti grazie sente di dire al suo presidente, che per altro è pugliese?
«Uno solo, ma grandissimo, per tutto. Mi ha dato una grande opportunità, ma le parole non ripagano, sono utili, ma poi bisogna fare e concretizzare: è il miglior grazie».
E lei ha già fatto tanto: proprio Manfredi nella conferenza stampa di fine anno ha evidenziato quanto i numeri del movimento pallavolistico italiano siano cresciuti e tornati quasi ai livelli pre pandemia, sottolineando quanto la Nazionale abbia fatto da traino.
«Questo mi fa molto piacere, ma aumenta le nostre responsabilità e i nostri doveri. Vincere è la cosa migliore da fare, ma non basta: è l’immagine che si dà quello che davvero conta. Noi in questo ci impegneremo sempre».