punti di vista

Quel presepe vivente nel teatro della pietra

Mariateresa Cascino

Un fascino che si rinnova a Matera

Non è Betlemme, è Materalemme. Musica in filodiffusione, sfondo da cartolina natalizia. Tra grotte e scenari evocativi per natura, in questo periodo dell’anno, da città donna e madre quale è, Matera non può che partorire dal suo grembo le scene della Natività. Il sacro è nella sua roccia. Nella storia del cinema biblico, qui Cristo ci nasce e ci muore pure tante volte. Narrazione semplice e grandiosa, fatta di paure e rilevazioni, viaggi e incontri, in cui l’ordinario e lo straordinario convivono insieme, la Natività rappresenta la più grande fiction globale trasposta in pellicola cinematografica, sceneggiato televisivo e pièce teatrale. Simbolo di una luce che penetra nel mondo dal basso e non dal potere, racconta di un Dio che sceglie la fragilità come porta di ingresso, in una comunità umile di pastori, migranti, viaggiatori, in un mondo che reagisce con paura e con stupore. Una storia universale che parla di accoglienza, vulnerabilità, speranza. Con la sua geografia verticale e primordiale, prima ancora che nelle sceneggiature, Matera nella cinematografia biblica è protagonista, personaggio. Il suo palcoscenico, archetipico della storia sacra, comunica povertà e splendore, fatica e speranza, ombra e rilevazione. Rende reale ciò che rischia di diventare simbolo vago.

Così a dicembre, il presepe vivente nel presepe di pietra, luccica di fiaccole e colori. Attori e figuranti in costume danno vita a scene sacre. Tra le tante, spicca quella su Erode, Re nominato dai Romani, noto per la sua crudeltà, come l’uccisione degli innocenti a Betlemme e per i suoi progetti architettonici grandiosi. “Temuto e tirannico – si legge negli annunci -, rappresenta il potere terreno in conflitto con la volontà divina. Paranoico, megalomane, geloso e possessivo, impulsivo e violento, ma al tempo stesso ansioso e incerto, utilizza la paura e la violenza per mantenere il controllo”. Un personaggio antico ma dai tratti moderni, attuali, complessi che, attraverso il suo archetipo, continua a parlarci mettendoci in guardia di fronte agli uomini assetati e ossessionati dal potere. Guardare in faccia Erode significa allora parlare di spietatezza e vulnerabilità, migrazione e fuga, paura e fiducia, dialogo e minacce e anche guerre. Temi attuali, universali, globali, di ieri, oggi e domani. Materalemme funziona così: nel suo palcoscenico biblico naturale, ruvido e profondo, arcaico ed epico, stelle di Hollywood e figuranti in costume animano senza soluzione di continuità le sue grotte scavate, abitate, svuotate, rinate, e ti portano dritto nel cuore del mito. Ti fanno leggere la storia del passato, perché la sua memoria biblica trova sempre nuove fenditure nella pietra da cui riaffiora, ma anche quella di oggi e di domani, grazie all’immaginazione e all’arte primordiale del racconto.

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