Punti di vista

L’appuntamento con le urne e il destino dell’ex Ilva

giuse alemanno

A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina

Giulio Andreotti sosteneva che a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina. Quindi, gentili lettori, suggeritemi un buon confessore perché ho elaborato due malignità brutte assai che riguardano un sondaggio: quello che da tempo pronostica il risultato delle elezioni regionali pugliesi del 2025, quelle che si stanno svolgendo proprio ora! In data odierna! Mentre voi leggete! L’ipotesi dell’esito elettorale è nota e non la ripeterò, ma su due effetti desidero argomentare. Il primo: se, attraverso la capacità penetrativa che hanno i sondaggi, si sottrae preventivamente all’animo degli elettori la sensazione di avere la possibilità di incidere sulla designazione del prossimo presidente di Puglia, si ottengono due effetti: si contribuisce alla latitanza dei cittadini dalle urne elettorali e si consente che la lotta diventi tutta tra i candidati del vittorioso “in pectore”. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: percentuale votanti sotto il 50%, contese all’ultimo voto tra candidati dello stesso partito; conteggi frenetici per interpretare la deriva degli anelatissimi resti; dispute sulla relatività tra quorum e sbarramento che manco Protagora e Gorgia potevano sognare, e interpretazioni esegetiche della cervellotica legge elettorale pugliese.

La malignità più sulfurea, però, è la seconda: se ci fosse stato un “testa a testa” tra i due candidati più sostenuti, e non un sondaggio che ne dà uno al 65% e l’altro al 35%, il governo avrebbe avuto lo stesso comportamento nei confronti del destino dell’ex Ilva e, soprattutto, delle sue rappresentanze sindacali e dei suoi lavoratori? Se vincere o perdere fosse dipeso da un pugno di voti, ci sarebbero state le stesse determinazioni e gli stessi comportamenti da parte dei rappresentanti del governo in carica? Sento fin dalla cucina di casa mia, luogo dove scrivo, il rumore meccanico delle vostre rotelle contemporaneamente in moto.

Non ci avevate pensato, eh?

Intanto gli operai sono tornati sulle strade, gli scioperi sono stati proclamati e le agitazioni sono in azione. La fabbrica va sempre a scatafascio per fatti suoi, ma questa è storia vecchia. Quella nuova è la dichiarazione di un delegato della Fiom dell’ex Ilva di Cornigliano: «Se Taranto affonda, noi non vogliamo andare a picco con loro». Faccio finta di non accorgermi che avrebbe dovuto dire con essa. Ma se uno è scorretto, non è che si sta a guardare il dettaglio. Ho lavorato in fabbrica per venti anni e potrei raccontare esempi commoventi di solidarietà tra colleghi. Jean Baptiste Hanri Lacordaire, insigne domenicano francese, disse che le cose fatte in nome dell’interesse sono meschine. Era nato in Borgogna, non molto lontano da Genova. Ma è evidente che a Cornigliano non è arrivato mai.

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