Punti di vista
Nell’estate di sagre e feste gli anziani restano soli
Abbassiamo il volume e guardiamoci intorno
Ho una età che dovrebbe indurmi alla cura amorevole dei gerani e alla contemplazione indulgente della memoria, invece mi capita spesso di far tardissimo e di tornare a casa in orari affatto commendevoli per un uomo così bianco crinito. Se a questo si aggiunge la frequentazione diuturna di scrittori, poeti, fotografi, attori e artisti di ogni generazione, foggia e specie, la mia vita può essere eccepita come un sacripante brodo primordiale di paraponzi-ponzi-po’. Il fatto che mi piaccia e non riesca a concepirne una migliore, non migliora la situazione. Questo, però, mi permette un monitoraggio sdréuso su quello che è la realtà del nostro territorio, soprattutto nella stagione estiva. A Taranto, e nella sua provincia, ci sono talmente tante iniziative che, per poterle seguire tutte, bisognerebbe sdoppiarsi, anzi… triplicarsi! È bello condividere con tanta gente, proveniente da ogni luogo, un momento felice. Ma per amalgamarsi agli altri bisogna stare bene in salute e, soprattutto, non essere isolati. Non come le due vittime - una di Martina Franca, l’altra di Manduria - tradite dalla solitudine. Uno truffato da un uomo in divisa che, carpendo la sua buona fede, le ha sottratto i risparmi di una vita; l’altra morta di stenti e di angoscia, con la figlia disabile che ne sorvegliava, per cinque giorni d’orrore, la progressiva decomposizione. Questo mentre, intorno a loro, la Puglia jonica ballava al ritmo del tamburello della pizzica, del ballo del cavallo che è facile, è uno sballo, o della trance dance elettronica. Mentre gli amministratori di ogni estrazione politica - casuale come quella dei numeri del lotto – si dilaniavano le meningi cercando di centrare la cravatta idonea all’occasione o la nuance premiante per il trucco che sarà immortalato nelle foto. Non sia mai che una sagra della salciccia patonfa non debba essere ricordata dalla foto col sindaco, l’assessore e il consigliere delegato accanto al vice-sottoposto-aggiunto alla distribuzione dei rocchi alla brace o al sughetto piccantello. Gli anziani soli sono fuori da tutto questo. Alcuni godono ancora della tradizione meridionale del figlio giusto, altri – più sfortunati – nemmeno di quella. Non sono riusciti nemmeno a costruire quella rete di amicizie salvavita che è diventata l’unica, autentica ancora di salvezza, superiore a quella barzotta, ipotizzata dalle energie pubbliche. A questi anziani, unica resta la solitudine indotta e malinconica, che offre spazi alla cupidigia un carabiniere infedele o alla morte per patimenti. In «Rambo», Sylvester Stallone recita: «È come quando qualcuno ti invita a una festa, tu non ci vai … E nessuno se ne accorge». Gli anziani soli ci sono ma è come fossero assenti. Tragicamente mancanti. Non va bene. Tocca, allora, abbassare il volume della musica estiva e guardarsi intorno con attenzione, con empatia, con responsabilità. Perché nascosta dal divertimento, celata dagli spritz, in agguato nell’ombra di mille triccheballacche, la solitudine mortifica e uccide.