PUNTI DI VISTA

La scelta della libertà in quel 2 giugno del 1946

rossella palmieri

Un messaggio per le giovani generazioni

Era il 2 giugno del 1946 quando il popolo italiano si recò alle urne per scegliere la forma istituzionale da dare al Paese, decidendo tra monarchia e repubblica. L’esito è noto e, da allora, una quasi mai ininterrotta tradizione vede le città d’Italia onorare questa ricorrenza suggellando un momento altamente significativo della vita pubblica nazionale con una parata che mantiene intatto il suo fascino. La Prefettura di Foggia, con la deposizione di una corona in Piazza Italia, lo snodo del tricolore nel piazzale antistante il Dipartimento di Giurisprudenza, la parata delle forze armate e di polizia e la cerimonia a ridosso del maestoso pronao della villa comunale, celebra questa giornata con l’enfasi che si riserva ai grandi eventi e nel ricordo di quella immane fatica che contrassegnò i primi passi della neonata Repubblica: un'economia tutta da ricostruire, un'industria da rimettere in sesto, commerci, cultura e nuovi assetti da riscrivere in forma nuova e democratica. Disse bene Ungaretti, nel componimento ”Italia” molto prima del 2 giugno 1946 nel disegnare, con straordinaria lungimiranza, una Patria affratellata: “sono un poeta. E in questa uniforme di tuo soldato mi riposo come fosse la culla di mio padre”.

Versi di rara potenza, cui fecero eco quelli di Quasimodo nel 1949, a itinerario ormai completato: “il mio paese è l’Italia, o nemico più straniero, e io canto il suo popolo, e anche il pianto coperto dal rumore del suo mare, il limpido lutto delle madri, canto la sua vita”. Due straordinarie pagine di letteratura e storia sono qui a ricordare, specie alle giovani generazioni, che non c’è nulla di retorico nel culto della Repubblica, come disse Calamandrei agli studenti universitari milanesi nel 1955. “Domandiamoci che cosa è per i giovani la Costituzione. Che cosa si può fare perché i giovani sentano la Costituzione come una cosa loro, perché sentano che nel difendere, nello sviluppare la Costituzione, continua, sia pure in forme diverse, quella Resistenza per la quale i loro fratelli maggiori esposero, e molti persero, la vita”. Una chiamata enfatica contro quell’ ”indifferentismo” – è ancora Calamandrei a dirlo – che è una “malattia dei giovani”. E ci sentiamo tutti come Anna Banti, densa scrittrice di guerra, che ebbe a dire: “nella cabina di votazione avevo il cuore in gola e paura di sbagliarmi fra il segno della Repubblica e quello della Monarchia. Era un giorno bellissimo. Quando i presentimenti neri mi opprimono penso a quel giorno e spero”.

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