Punti di vista

Quella passione triste ed «inconfessabile»

Mariateresa Cascino

Il festival dell’invidia ospitato a Matera

Passione triste, sentimento inconfessabile di cui tutti soffriamo e di cui dovremmo liberarci attraverso esercizi di intelligenza spirituale e consapevolezza: si è chiuso ieri a Matera, “Da zero a zero”, il festival dell’invidia sociale, nato dallo sforzo creativo di 9 organizzazioni culturali che hanno voluto puntare i riflettori su un’emozione vergognosa che alimenta un clima di sospetto, mancanza di riconoscimento, competizione distorta, freno all’innovazione e alla crescita di persone e progetti e allo sviluppo culturale ed economico di territori, compreso il nostro, anzi soprattutto il nostro. Dagli esercizi di consapevolezza fino ai riti di purificazione collettiva, somministrando affascini e finocchi depurativi, con leggerezza e ironia si è scandagliato un sentimento pervasivo e ambivalente che mina l’autostima delle persone affette da un risentimento costante e da una dolorosa percezione di sé che scaturisce dal confronto svantaggioso con chi ha più entusiasmo, qualità, talenti, abilità sociali con la volontà di annientarli. Talk di approfondimento, attività esperienziali, recital e installazioni artistiche e digitali, il festival ha offerto occasioni per ridere, riflettere e crescere approfondendo tra ironia e leggerezza le origini e le soluzioni inibitorie per la diffusione del malefico tarlo che penetra nella dimensione sociale, digitale, culturale e politica delle nostre comunità, intaccandone il funzionamento e colpendo anche le cellule sane del sistema. Un veleno dell’anima che appartiene al mondo reale e spirituale sin dalla notte dei tempi. Dal serpente dell’Eden passando attraverso Caino e Abele e i fratelli di Giuseppe, fino ad arrivare a Davide, al Battista e alla crocifissione di Gesù, c’è un filo rosso che attraversa le Scritture e i miti fondativi dell’antropologia universale: l’invidia. Sono tanti i versetti biblici che la collocano tra i peccati più distruttivi, quando non viene trasformata in varianti più edificanti. Pillole di mindfulness sono state distribuite per diffondere i valori positivi dell’emulazione, dell’ammirazione, al fine di interrompere la spirale del desiderio invidioso per riappropriarsi della propria preziosa unicità e originalità. Per noi che l’abbiamo costruito senza risorse e con la nostra sola creatività, è stata una scuola di cooperazione alimentata dalla fiducia, da uno sguardo benevolo, provocatorio e divertito. Con i ChitCHat dei campanili, dalle due città capoluogo, messaggi intimi e provocatori di sfogo e folklore sono stati rilasciati dai cittadini che si sono lasciati coinvolgere nel gioco urbano aiutandoci a esorcizzare sentimenti che intrappolano, curati in questo caso con allegre risate. Perché, parafrasando Chopin, chi non ride, in fondo, non è mai una persona seria.

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