Punti di vista
Angelo e Mario grani di un rosario che unisce le vittime del lavoro
I lavoratori di San Marzano di San Giuseppe
Affidiamo più importanza di quanto meriti alla ricerca di cosa ci accadrà dopo l’ultimo respiro. Le religioni di ogni tempo e latitudine hanno offerto soluzioni consolatorie e ottundenti, distraendoci da ciò che dovrebbe totalizzare il nostro interesse: non proiettarsi verso il giusto, il buono o il santo - ambiti opinabili quanto mai - ma individuare la verità, affinché ci si possa confrontare con essa. La morte di due lavoratori di San Marzano di San Giuseppe nello stesso giorno rappresenta la verità. Tracotante, assurda, extramorale, ma verità. Per quanto la si voglia nascondere, per una sorta di oscena ignavia che ci corrompe, nulla e nessuno può sottrarsi al brivido provocato dall’urlo di dolore che squassa la comunità sanmarzanese. Quale tributo di vite pretenderà ancora il lavoro? Quanto sangue servirà ancora per placare la sete della produttività? Quanto costa e costerà ancora tutto questo a noi meridionali? «Il male del giorno è pochi chilometri a Sud», cantava Loredana Bertè. Angelo e Mario sono diventati due nuovi grani di un turpe rosario che unisce le vittime del lavoro. In Italia, nel primo bimestre del 2024, sono state 119. Più del numero dei suicidi, più del numero dei morti di overdose. E noi cerchiamo ancora ristoro alla vita sperando nella felicità eterna dopo la nostra morte. Vorrei chiederlo a Mario e a Angelo se sono felici ora, se hanno fatto in tempo a dedicare l’ultimo pensiero alle persone che amavano. O se, invece, negli ultimi momenti c’era solo strazio e terrore. E tutto questo per una paga, «perché a casa c’è bisogno», perché chi consuma tutta la vita immerso nel lavoro non sa uscirne, quasi che produrre crei dipendenza fatale. La perversione legislativa italiana ha guastato i contratti di lavoro, rendendo tutto possibile, precarizzando anche l’indecenza. La legge n. 300 del 20 maggio 1970, meglio conosciuta come «Statuto dei Lavoratori» - frutto dell’impegno di Gino Giugni e firmata dal Presidente Saragat - è diventata diafana, eterea, lieve, il ricordo di una vecchia zia sciroccata che raccontava ai nipotini distratti quanto fosse importante rispettare la libertà e la dignità dei lavoratori. Non farli morire a centinaia nelle ore di servizio. Gentili Lettori, mi rendo conto che questo «Punto di vista» è aspro. Assicuro che poteva esserlo molto di più se avessi dato totale stura alla rabbia che mi provoca una vittima del lavoro. Figuratevi due. Scrivere per La Gazzetta del Mezzogiorno, però, comporta equilibrio; quindi devo marginalizzare certe espressioni gergali violente e colorite che mi appartengono; o ipotizzare soluzioni massimaliste. Posso solo aggiungere il mio cordoglio, la mia solidarietà nei confronti dei familiari, degli amici di Mario e Angelo. Di tutti i cittadini di San Marzano. E di tutti i lavoratori, da sempre nel mio cuore.