punti di vista
Noi e cosa riesce a stupirci ancora
E' un’esperienza fondamentale, che mette in discussione le nostre categorie abituali e fa fiorire la curiosità
Termina oggi il Festival della Lingua Italiana Treccani a Lecce. La parola che lo ha guidato, declinandosi in vari temi ed incontri, è stata “stupore”. Stupore è una parola ambigua, asseriscono gli organizzatori del Festival, che indica un’esperienza umana universale che, al contempo, è in relazione con la mentalità e la sensibilità collettiva di un’epoca. Stupore è una sensazione che segue un evento inusuale, l’effetto di meraviglia. Lo stupore è un’esperienza fondamentale, che mette in discussione le nostre categorie abituali e fa fiorire la curiosità. Nella lingua antica al termine stupore è associato uno stato di stordimento.
Ed è così che mi viene in mente il termine stupefacente, una sostanza che fa perdere il controllo di sè e che sì, stordisce. E poi l’aggettivo stupendo, una delle mie parole preferite, come il pensiero che cantava Patty Pravo, un qualcosa di talmente bello da provocare meraviglia e, appunto, stupore. La bellezza che ti sbalordisce al punto di farti perdere i tuoi contorni, come Stendhal, che ci attrae a sè come i gatti verso ogni oggetto nuovo che appare in casa, come i bambini e le loro infinite catene fatte di “perché?”, la base di ogni esperienza artistica. Lo stupore della notte spalancata sul mar, uno degli incipit più belli della musica italiana, firmato da Maurizio Costanzo e musicato da Ennio Morricone per la voce stupefacente di Mina.
Stupirsi come evento che travolge ma anche come missione, come attitudine per lo stare al mondo. Ed è bellissimo e paradossale che il festival della lingua italiana abbia scelto quest’anno una parola che notoriamente lascia senza parole, come Dante nella Commedia. Allo stupore non si può rispondere di getto, serve il tempo, una merce sempre più rara, di assorbirne la scossa. Stasera il festival si concluderà con il concerto di Raiz e Radicanto al Teatro Paisiello, perché la bellezza dell’italiano sta anche nella finestra spalancata sul Mediterraneo e nei suoi dialetti, affluenti portatori d’acqua e di vita.