Punti di vista

Ogni presepe è una macchina del tempo

Luisa Ruggio

Stupori, epifanie, storie e scenografie calde di ricordi, una polvere di stelle di cui è fatta l'umanità

In questi giorni che precedono la settimana che risuona dentro Un canto di Natale di Dickens e nelle pagine più intense di Piccole donne, vissuto oltre che scritto da Louisa May Alcott, quello che mi colpisce, come ogni anno, con la stessa forza di quando ero soltanto una bambina, sono gli alberi di Natale che brillano nei vani delle finestre delle case. Che si tratti dei balconi dei vicoli del centro storico oppure di quelli delle case popolari dei quartieri periferici, luminosi mi appaiono, ben oltre le intermittenze delle luci calde e colorate, quegli abeti sintetici con decorazioni che sono variazioni sul tema della nascita. Non importa se talvolta risultano pacchiani o troppo ordinati alla stregua di quelli da esposizione nelle vetrine dei negozi.

La luminosità di queste scenografie di dicembre, infatti, rimbalza altrove, sta nella magia che in teatro prende il ritmo de Lo Schiaccianoci. Esseri umani capaci di tirare fuori un albero da una scatola nei ripostigli degli appartamenti in fondo a certi condomini un po’ troppo smarriti negli umori delle vite che rendono Molière sempre attuale. Esseri umani che cercano ghirlande e addobbi passati di mano in mano, ninnoli, cianfrusaglie, carte crespate, stelle di stoffa o plasticaccia. E allora, ancor più di questi alberi, mi colpiscono i presepi, perché richiedono cuori visionari. Questi cieli stellati che stanno in piedi con le punes, questa ovatta che diventa lana, questi pupazzi che sono i comprimari intorno alla grotta dove qualcosa, un atto di fede, può vivere a dispetto del censimento di Erode che ci vorrebbe tutti finiti dentro un cinismo prudente. E fra i più meritevoli di sguardo, c’è quello allestito in tre giornate dal sacrestano Pietro in uno degli altari laterali nella basilica di Santa Croce. Sono passata a vederlo mentre era ancora in fase di reinvenzione, nella confusione di scatole riaperte come in qualsiasi altra scena di famiglia fra quelle che ancora si prendono il tempo per fare un presepe insieme.

Per me è importante quel presepe, non perché sia particolarmente maestoso, non è per via della basilica che lo ospita. Mi commuove l’idea che qualcuno si sia messo a farlo da solo, ma a beneficio di tutti quelli che passano tra filari di panche e santi dipinti. Perché quel sacrestano silenzioso è come l’inventore di Ritorno al futuro, ha innescato una macchina del tempo pazzesca, un altro modo di viaggiare. Chiunque ne sia capace ha portato in salvo il proprio bambinello interiore. Di stupori, epifanie, storie e scenografie calde di ricordi, di questa polvere di stelle siamo fatti. Aprite la scatola, lì in alto a sinistra.

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