l’intervista

Bucci: «L'occupazione aumenta ma il lavoro resta precario. Per le donne è apartheid nel mondo del lavoro»

La segretaria regionale Cgil rilancia i temi della mobilitazione e delle proposte del sindacato. Il 25, a Roma, grande manifestazione con un messaggio chiaro al Governo: «Mai soldi per il riarmo»

«Gli indicatori dell’Inps restituiscono una fotografia oggettiva e assieme impietosa della condizione di lavoratori e pensionati nella regione. Chi parla di Paese in crescita offende milioni di persone che soprattutto al Sud e in Puglia arrivano tra enormi difficoltà alla fine del mese». La presentazione del rendiconto sociale Inps 2024 è l’occasione per la segretaria della Cgil regionale, Gigia Bucci, per rilanciare i temi della mobilitazione e delle proposte del sindacato dal quadrato rosso, che tornerà in piazza a Roma il prossimo 25 ottobre.

Segretaria, il rendiconto evidenzia come l’occupazione aumenta ma la precarietà è il segno distintivo del mercato del lavoro pugliese.

«Dai dati Anpal a quelli Istat fino al rapporto Inps, le analisi sottolineano come le attivazioni di contratti per oltre il 90 per cento riguardano rapporti a termine, stagionali o in somministrazione. Addirittura sono oltre 300mila i lavoratori e le lavoratrici percettori nel 2024 di ammortizzatori sociali, a testimonianza della forte intermittenza occupazionale. Se a questo si somma la prevalenza di settori privati a basso valore aggiunto, che trascinano salari poveri. Una struttura economica che ha evidentemente riflessi anche sugli assegni pensionistici, al netto del fatto che, se non si mette mano al sistema, le future generazioni con queste regole non riusciranno nemmeno a costruirla una posizione previdenziale».

Un mercato del lavoro pugliese soprattutto non a misura di donne e giovani.

«Si conferma una sorta di apartheid occupazionale per le donne, e i dati delle attivazioni dei rapporti di lavoro ci dicono che il divario tra generi aumenta. E se non si va in pensione non si creano opportunità per i giovani, che tra precarietà, offerte di lavoro non qualificate e con salari da fame, preferiscono emigrare, una dinamica che sottrae intelligenze, competenze, energie e determina un rischio serio sul futuro della regione in termini di impoverimento sociale. Si va al Nord dove i salari sono più alti di 600 euro e oltre al mese».

Voi insistete sulla crescita di settori strategici a partire dal manifatturiero per trascinare buona occupazione.

«Evidentemente il grande sforzo fatto in termini di incentivi per le imprese, a livello nazionale e regionale, non ha prodotto un effettivo miglioramento della qualità del lavoro. E questo è tema – vincolare sempre più risorse pubbliche e buona e stabile occupazione - che è dentro la piattaforma che a breve presenteremo e sulla quale ci confronteremo con il prossimo governo regionale. Siamo nel pieno di una crisi che rischia di spazzare via interi pezzi dell’industria pugliese, con ricadute sociali che sarebbe disastrose. Servono politiche industriali, servono investimenti per infrastrutture, serve dare risposte alle vertenze con processi di riconversione produttiva o professionale per chi è rimasto senza lavoro. Ma il Governo nazionale descrive un Paese da favola, tocca alla Regione assieme alle forze sociali rivendicare risorse per lo sviluppo e anche il welfare, per dare risposte al crescente disagio sociale».

Segretaria, come si spiegano questi dati con quelli che vedono la Puglia essere la regione che negli ultimi nove anni è cresciuta più di tutte in termini di Pil?

«Bankitalia ci ha spiegato come le imprese aumentano redditività e liquidità. Evidentemente, come accade a livello nazionale, si tratta di soldi che non vengono ridistribuiti ai lavoratori in termini di salari, o investiti in innovazione. C’è chi in questa lunga stagione post Covid si è arricchito, allora c’è un problema di redistribuzione. E questa si può fare utilizzando al meglio la leva fiscale. Fisco giusto, salari e pensioni, welfare sono al centro della mobilitazione nazionale della Cgil che ci vedrà scendere in piazza a Roma il prossimo 25 ottobre. Una manifestazione nazionale che intende lanciare un messaggio chiaro al Governo: non soldi per il riarmo ma per il lavoro e la vita delle persone. Per questo affermiamo che attivarsi e scioperare per la pace, in Palestina come in Ucraina, è dentro una visione complessiva di Paese e di società». 

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