il dossier

Per i giovani pugliesi e lucani la politica «non esiste»

Marisa Ingrosso

Disaffezione altissima fra le donne. Fenomeno in crescita dal 2003. Carrera (Uniba): i ragazzi non hanno luoghi in cui informarsi e formarsi

Circa la metà dei pugliesi e dei lucani, si disinteressa alla politica. Le donne, soprattutto, paiono lontanissime e, al netto di una minoranza moicana, fra i giovani la politica praticamente “non esiste”. A prendere le misure di questa disaffezione è l’Istat nel rapporto «La partecipazione politica in Italia».

Il dossier (appena pubblicato e disponibile gratuitamente su Istat.it), spiega che, a livello nazionale, «nel 2003, ad informarsi con regolarità di politica era il 66,7% degli uomini a fronte del 48,2% delle donne. Nel 2024 questi valori calano di 12,6 punti percentuali per gli uomini e di 5,7 punti per le donne. La differenza tra uomini e donne passa da 18,5 a 11,6 punti percentuali». A fronte di questa «progressiva convergenza nelle forme di partecipazione politica invisibile di uomini e donne, permangono evidenti differenze di genere»: nel 2024, poco più di 2 donne su 5 (42,5%), infatti, si informa settimanalmente di politica, contro il 54,1% degli uomini.

«In Italia - continua Istat - i livelli più bassi di partecipazione politica invisibile riguardano i giovani fino a 24 anni e, in particolare, i giovanissimi: si informa di politica almeno una volta a settimana il 16,3% dei ragazzi di 14-17 anni e poco più di un terzo (34,6%) dei 18-24enni. A non informarsi mai, invece, sono rispettivamente il 60,2% e il 35,4%».

disinteresse Se dal piano nazionale si passa a quello regionale, si scopre un orizzonte assai peggiore in Puglia e Basilicata. Infatti, a fronte di una media nazionale del 29,4%, ben il 34,2% dei pugliesi e il 36,1% dei lucani non si informa mai di politica. Le pugliesi che sono totalmente disinteressate sono il 40,1% (il 41,1% le lucane), contro una media-Italia del 33,4%.

Si informa di politica almeno una volta a settimana il 52,1% dei pugliesi e soltanto il 36,6% delle pugliesi (per i lucani il 47,1% e le lucane il 33,4%).

La maggiore partecipazione politica va di pari passo con la maggiore disponibilità di risorse economiche e culturali, però anche fra i laureati ci sono differenze di genere, poiché si informa almeno una volta a settimana il 61,9% delle laureate a fronte del 76,5% dei laureati). Cioè un titolo di studio elevato non contribuisce ad una riduzione del divario di genere.

Trattandosi di argomenti lontanissimi dai propri interessi, ben il 41,4% dei pugliesi e il 39,8% dei lucani over-14 anni non parlano mai di politica, a fronte di una media nazionale del 36,9%. Invece, il 27,5% dei pugliesi e 23,3% dei lucani ne parla almeno una volta a settimana (la media nazionale è del 29%). I pugliesi over-14 che non parlano mai di politica sono il 32,5%, le pugliesi sono il 49,8% (in Basilicata il 31,5% e 47,8%).

«giovani, donne e meridionali le categorie più “vulnerate”» La prof. Letizia Carrera (associato di Sociologia generale all’Università di Bari), non si dice sorpresa di questi valori perché, afferma, «quelli che mancano nella politica sono giovani, donne e meridionali, cioè le categorie più vulnerate dal nostro modello culturale. Non vulnerabili ma vulnerati, perché non si tratta di una condizione genetica che allontana dalla politica, ma sono condizioni sociali. Il paradosso è che proprio le categorie più marginalizzate e che avrebbero più interesse a una vocalità politica forte, a offrire una sorta di contronarrazione di ciò che occorre fare, di una nuova progettazione sociale, proprio quelle persone mancano».

«I ragazzi - continua - mancano per una serie di concause, ma tra esse c’è la mancanza dei luoghi nei quali i ragazzi possono alfabetizzarsi alla politica. Anche le scuole, abitualmente, li tengono lontani e i ragazzi non hanno luoghi in cui informarsi, formarsi e anche confliggere finanche, che è la base della pluralità democratica». La professoressa mette all’indice la mancanza di spazi pubblici in cui far maturare la crescita politica dei giovani a incominciare dall’incontro («Tanto che sono costretti ad andare in pizzeria e pub e “comprarsi” spazi di confronto»). Con scuola e Università «che non sono messe nelle condizioni di formare le competenze alla complessità», i giovani hanno grandi difficoltà a destreggiarsi con questi scenari così mutevoli. «E, di fronte, a qualcosa che non si comprende, si resta più esposti alla demagogia, a chi ci presenta il mondo in bianco e nero».

Per l’accademica anche la «politica più partitica ha mostrato nel tempo un crescente disinteresse per i cittadini» e non è un caso se cala la fiducia nelle Istituzioni.

Quanto alle donne, volendo fare una brutale sintesi del pensiero della sociologa, tra impegni di lavoro e familiari, la politica, con le sue riunioni a partire dalle ore 20, risulta impraticabile.

ingrosso@gazzettamezzogiorno.it

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