Una arringa motivata delle ragioni che muovono le candidature nel consiglio regionale per se stesso e Nichi Vendola: Michele Emiliano per una volta depone gli abiti di magistrato (in aspettativa) e indossa quelli dell’avvocato difensore per demolire le critiche che - secondo alcune indiscrezioni - il prossimo aspirante governatore del centrosinistra, Antonio Decaro, avrebbe mosso per invitarli a desistere. «Io e Vendola - ha spiegato il governatore da Roma- abbiamo probabilmente il desiderio entrambi di continuare a lavorare per la nostra Regione. Abbiamo dato tutto per questa terra. Adesso è chiaro che il ruolo cambia, da maggiordomo capo diventi frate semplice, diciamo così. Devi stare al tuo posto, non puoi pretendere di influenzare il candidato presidente, e devi continuare a lavorare per le cose straordinarie che hai fatto in questi vent’anni».
Emiliano e il leader di Sinistra italiana, da sempre distanti e abitualmente in polemica, per una volta si ritrovano sulla stessa barca: «Io e Vendola - ha argomentato il presidente della Regione - siamo questa piccola grande storia che secondo me può proseguire, con grande beneficio per la presenza di due persone che conoscono i fatti molto bene. C’è un proverbio da noi: “Uccidete i vecchi che sanno i fatti”. È un proverbio che è a favore degli anziani perché vuol dire che non bisogna ucciderli perché, conoscendo i fatti, sono molto utili ai giovani e al futuro». Poi un incoraggiamento a Decaro: «Non vediamo l’ora che si candidi. Noi saremo in lista? Io alla fine sono fiducioso di sì - ha concluso -. D’altra parte, il candidato presidente ha un grande vantaggio dall’essere sostenuto da tutti, in particolare poi ci sono due ex presidenti». Il messaggio è chiaro: oltre alla nostra esperienza, ci sono in ballo anche un numero cospicuo di voti, che blinderebbero di fatto il confronto elettorale a favore del centrosinistra.
Ieri, intanto la Corte costituzionale si è riunita ieri mattina per esaminare il ricorso 12 del 2025 (sulla legge anti-sindaci), promosso dal Consiglio dei ministri contro la Regione Puglia, rappresentata dagli avvocati Anna Bucci, Paolo Scagiola Isabella Fornelli, mentre il giudice relatore è stato il prof. Marco D’Alberti. I magistrati del Palazzo della Consulta si sono riservati per assumere una decisione. Oggetto del vaglio è la legittimità di una norma che obbliga i primi cittadini a dimettersi 180 giorni prima del voto per essere candidabili al consiglio regionale. Sul tema ci sono state polemiche e proteste dell’Anci Puglia, mentre il consigliere della Lega di Bari, Giuseppe Carrieri, ha replicato mostrando come norme simili (per la tempistica) sono presenti in altre regioni.
Nota di la scala Mentre il centrodestra attende il tavolo romano per affrontare il tema dell’indicazione dei candidati, per la Puglia resta la proposta del vicepremier Antonio Tajani di schierare il deputato Mauro D’Attis. In ambienti di centrodestra, a latere dei forum in masseria a Manduria, è emersa anche l’ipotesi dell’avvocato Antonio La Scala. Il penalista fa sapere alla «Gazzetta» di essere «gratificato e onorato» per l’accostamento «a una carica così importante», ma chiarisce «di non aver offerto la disponibilità a nessuno e di non aver partecipato a trattative o colloqui con forze politiche di qualunque schieramento». Diversi estimatori (vicini allo stesso avvocato) hanno tuttavia caldeggiato il suo nome ai vertici dell’alleanza conservatrice.