BARI - Lo scisma di Bari ha riflessi anche in altre realtà italiane: da Potenza e Torino, il campo largo latita o si divide, con i pentastellati pronti a marcare le distanze. Nel capoluogo pugliese, però, la frattura ha avuto effetti collaterali a tre giorni di distanza: alcuni sostenitori del centrosinistra si sono ugualmente recati nei seggi-alberghi per votare un candidato tra Vito Leccese e Michele Laforgia, nonostante la consultazione popolare fosse stata annullata da Giuseppe Conte giovedì scorso, con un annuncio ai giornalisti da una piazza del murattiano.
In Puglia, di contro, resta un canale di dialogo privilegiato tra Michele Emiliano e l’ex premier, ma fare previsioni su come si evolverà la dialettica verso il voto è davvero un azzardo.
«Il Pd in questi mesi non mi ha portato un altro nome. Ora dove lo troviamo... Ho detto a loro ‘ditemi una ragione ostativa’ su Laforgia...’. Hanno scelto poi il loro candidato, secondo me male. Ma mi devono dire: perché dovremmo dire no a Laforgia. È una persona stimata, stimatissima, lo dice lo stesso Pd, non capisco. Se Laforgia si ritira, allora ne prendiamo atto, ma se non si ritira, il Movimento cinque stelle ha una linearità e non c’è motivo per abbandonarlo»: Conte, però, è schieratissimo con il penalista fondatore dell’associazione «La Giusta causa». Il Movimento ormai mette in risalto la propria vocazione all’autonomia: «Auguri e un grande in bocca lupo alla nostra Sarah Disabato, candidata dei 5 Stelle alla presidenza della Regione Piemonte. La competenza e la passione di Sarah, unita al sostegno e all’energia della nostra comunità piemontese, è la spinta decisiva per far voltare pagina alla regione dopo cinque anni di disastro targato centrodestra. Forza Sarah, siamo al tuo fianco!», sottolinea sui social ancora Conte. Sempre in Piemonte, il Pd vive un vero travaglio interno, a meno di due mesi dalle elezioni regionali. Il terremoto giudiziario scatenato dall’inchiesta ‘Echidna’ della procura di Torino, sugli interessi della ‘ndrangheta sull’autostrada Torino-Bardonecchia, ha portato all’apertura di un nuovo fronte nella battaglia politica tra la fazione bonacciniana e quella schleiniana.
Neanche il tempo di archiviare la pratica, con tanto di braccio di ferro tra le due mozioni, sulla candidatura per il centrosinistra da contrapporre al Cirio Bis, ed ecco che arrivano le dimissioni del capogruppo dei dem Raffaele Gallo, designato come capolista alle prossime regionali dell’8 e 9 giugno. Una decisione la sua che era nell’aria, dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di suo padre Salvatore Gallo, 83 anni, considerato uomo forte all’interno del partito, in particolare nello spostare voti, facendo sentire la sua voce grazie al grande numero di tessere che portava in cascina. L’ex manager di Sitaf, concessionaria autostradale dell’A32, è accusato di corruzione elettorale, estorsione e peculato.
Gallo Jr, invece, nell’inchiesta non è coinvolto, ma «a tutela dei miei figli e di mia moglie e con senso di responsabilità e rispetto verso il Partito democratico», come ha spiegato, ha fatto un passo indietro. Decisione presa dopo un colloquio avuto con il segretario regionale Domenico Rossi, che nelle scorse ore, oltre a chiedere alla commissione di garanzia interna di valutare il comportamento di Salvatore Gallo, aveva accennato all’ipotesi di riaprire alcuni ragionamenti alla lista di Torino.
Dopo il duro colpo subito dall’area bonacciniana, di cui fa parte Gallo, la palla passa in mano ai sostenitori della mozione della segretaria nazionale Elly Schlein, che sono pronti a presentare il nome di Nadia Conticelli, presidente regionale del partito, oltre che capogruppo a Palazzo Civico, per ricoprire il vuoto lasciato in cima alla lista.
Ma i bonacciniani non vogliono restare alla finestra. I telefoni in queste ore sono roventi e fonti autorevoli parlano di una corsa a trovare entro pochi giorni chi possa sostituire Raffaele Gallo. Meglio se donna, come l’assessora alla cultura del Comune di Moncalieri Laura Pompeo. Oppure un nome non necessariamente appartenente al partito Per questo si starebbe tornando a guardare nell’ambito della società civile. Idea già accarezzata quando il Pd e M5s si erano seduti a un tavolo per discutere di alleanze e progetti comuni. Da allora sembra passato un secolo.