Con la corsa alla raccolta dei grappoli di uve da vino per la vendemmia 2023, in Puglia è partita anche la corsa alle speculazioni di mercato. E per i produttori, che pagano il conto degli eventi estremi causati dai cambiamenti climatici che hanno caratterizzato quest’anno, si annunciano tempi duri con una quantità in calo di almeno il 15%.
Non solo la raccolta in Salento di una specialità qual è il Negroamaro per spumanti è partita con almeno 10 giorni di ritardo, ma le ipotesi diffuse da Coldiretti parlano di un raccolto che dovrebbe scendere intorno ai 9 milioni di ettolitri contro i quasi 11 milioni del 2022, facendo entrare il 2023 fra i peggiori anni della storia del vigneto Puglia.
I viticoltori hanno dovuto fare i conti con la peronospora, una malattia fungina che si è diffusa a macchia di leopardo distruggendo tra il 20 e il 70% dei vigneti, dopo i nubifragi di giugno. Per quanto riguarda gli spumanti, Coldiretti stima in oltre 3milioni le bottiglie prodotte sia col metodo Charmat (la maggior parte), che con il metodo classico. Malvasia, Negroamaro, Bombino bianco e nero, Verdeca.
Ma - a fronte di una qualità ormai consolidata - si spera di non dover contare perdite anche sul vino, il cui export anche nel 2023 ha raggiunto un valore di oltre 54 milioni di euro. Con un totale di 38 vini DOP e IGP la Puglia si posiziona al quinto posto della classifica nazionale dei prodotti certificati, con il comparto vitivinicolo che pesa sul settore per il 92,7%. Un vero boom - aggiungono da Coldiretti - si è verificato nel Regno Unito con un +68% che evidenzia come l’export pugliese si sia rivelato più forte della Brexit, dopo le difficoltà iniziali legate all’uscita dalla Ue, seguito dalla crescita del +24% delle vendite negli Stati Uniti. Nel segmento del biologico, poi, ormai si conta 1 ettaro su 8, cifre che posizionano la Puglia come seconda regione italiana con 10.900 ettari coltivati bio.
«La vendemmia 2023 sarà un passaggio cruciale nel settore vitivinicolo pugliese, presentando sfide significative - precisa anche Confargicoltura - a causa di un'annata complessa e delle difficoltà legate alla peronospora. La regione ha subito un calo del 50% nelle produzioni di uve da vino, con picchi ancora più alti, dell'80% - 90%, per i produttori che seguono metodi biologici. Tale situazione ha avuto un impatto negativo sul bilancio della vendemmia 2023, con un ammanco stimato in decine di milioni di euro nelle tasche dei produttori pugliesi. A differenza delle regioni del Nord, che hanno registrato in alcuni casi un aumento di produzione del 5% - 10% rispetto al 2022, la Puglia ha subito significative perdite ma ciononostante «la Regione non ha ancora richiesto lo stato di calamità per le uve da vino e non ha attivato le misure a superficie (biologico e integrato)»
Malgrado le difficoltà, la Puglia è stata una delle regioni italiane con una produzione costante negli ultimi 5 anni, mediamente producendo 13 milioni di quintali di uve da vino (l'11% del valore nazionale) e posizionandosi come la seconda regione produttrice d'Italia, dopo il Veneto. A livello globale, l'Italia è il maggiore produttore di vino, contribuendo a circa il 18,5% della produzione mondiale.
La produzione della regione ha un valore complessivo di 395 milioni di euro, «contribuendo significativamente all'export regionale. Nel 2022, nonostante gli embarghi verso la Russia, le aziende pugliesi - riferisce Confagricltura - hanno esportato vino in tutto il mondo per circa 210 milioni di euro, dimostrando la capacità di conquistare mercati internazionali».
E DOPO LA STANGATA ENERGETICA SCATTA IL CARO-VETRO
L’impennata del costo del vetro cavo per le bottiglie, con un aumento che ha raggiunto il +54% negli ultimi due anni, si aggiunge al pesante gap logistico nazionale e frena l’export del vino Made in Italy nel mondo, con la Puglia che produce il 16% del vino IGT italiano, un valore importante messo a rischio dall’aumento dei costi di produzione. È quanto afferma Coldiretti Puglia, sulla base dei dati del Centro Studi Divulga, diffusi in occasione dei primi grappoli d’uva Negroamaro per basi spumante raccolti a Campi Salentina in provincia di Lecce
Se nel 2022 il balzo dei costi è stato giustificato dai picchi di prezzo per l'elettricità (543 euro per megawattora) e per il gas (233 euro per megawattora), la successiva discesa delle quotazioni energetiche non ha avuto però effetti positive sui prezzi del vetro. Infatti – continua Coldiretti su dati Divulga - negli ultimi 12 mesi i prezzi di gas ed elettricità sono crollati rispettivamente dell’85% e 79% mentre nello stesso periodo l’indice dei costi del vetro ha continuato a crescere con un +24% nell’ultimo anno.
Su questo scenario pesa anche l’aumento dei prezzi dei carburanti e un pesante deficit logistico italiano per la carenza di infrastrutture per il trasporto merci, che costa al nostro Paese oltre 13 miliardi di euro, con un gap che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea secondo l’analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga. Si tratta di un aggravio per gli operatori economici italiani superiore dell’11% rispetto alla media europea e ostacola – continua Coldiretti – lo sviluppo del potenziale economico del Paese, in particolare per il vino che è il prodotto agroalimentare italiano più esportato all’estero.
Un apprezzamento internazionale che ha provocato anche la diffusione di prodotti che sfruttano l’italian sounding che provocano perdite stimabili in oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali senza contare i rischi legati alle richieste di riconoscimento di denominazioni che evocano le eccellenze Made in Italy. Quello dei falsi resta comunque un mercato molto florido dove i rischi riguardano l’utilizzo delle stesse o simili denominazioni o simili per indicare prodotti molto diversi.
«Per difendere il patrimonio vitivinicolo italiano è necessario intervenire per contenere i costi di produzione con interventi immediati e strutturali per programmare il futuro – sottolinea Coldiretti - tutelare il vino significa tutelare il principale elemento di traino per l’intero sistema agroalimentare non solo all’estero ma anche sul mercato interno, a partire dal settore turistico». In tale ottica il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) può essere determinante «per sostenere la competitività delle imprese sbloccando le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo».