L'intervista

Zullo dà la colpa alla burocrazia: «Sulle Rsa pugliesi inutili allarmismi»

Mimmo Mazza

Il senatore di Fratelli d'Italia: «Le irregolarità riguardano soprattutto inadempimenti formali, la mancanza di una carta o il mancato rispetto di requisiti organizzativi»

Senatore Zullo, in Puglia tre residenze sanitarie per anziani (Rsa) su quattro sono irregolari stando a quanto accertato dal Dipartimento Salute della Regione Puglia. Che si fa? Si chiudono?

«Da quello che mi è dato di capire - risponde alla Gazzetta il parlamentare di Fratelli d’Italia - le irregolarità riguardano soprattutto inadempimenti formali cioè la mancanza di una carta oppure il mancato rispetto di requisiti organizzativi che riguardano il personale. Si tratta di requisiti emendabili e potenzialmente correggibili. Chiudere sarebbe folle per tante motivazioni: intanto perché queste strutture sono importanti per decongestionare gli ospedali e dare sollievo alle famiglie che altrimenti farebbero fatica ad assistere a domicilio anziani o disabili non autosufficienti ma ancor di più perchè le Rsa sono un nodo importante della rete dei servizi territoriali distrettuali»,

Quindi tutto questo allarme è da minimizzare?

«Assolutamente no ma deve indurre una riflessione profonda a tutto tondo. Se i controlli esercitati sulle Rsa fossero allo stesso modo esercitati sulle strutture pubbliche avremmo il 100% delle strutture irregolari con irregolarità ben più gravi e più difficilmente sanabili rispetto alle irregolarità riscontrate nelle Rsa».

Non si rischiano facili generalizzazioni?

«No. Chiediamoci se le irregolarità formali sono dovute non certo a carenze strutturali o di dotazione impiantistica o di personale che non incidono direttamente sulla qualità dell'assistenza e questo coinvolge il tema dell'eccessiva burocratizzazione delle procedure alle quali le Rsa sono assoggettate per incapacità della Regione nel semplificare e nel de-burocratizzare. Spesso si chiedono documenti già in possesso da parte della Pubblica Amministrazione sia essa rappresentata dalle Asl o dalla Regione oppure la documentazione da integrare viene chiesta a spezzoni e non una sola volta. Così la procedura non si chiude mai e la struttura risulta irregolare. Se poi analizziamo i requisiti organizzativi è evidente che le Rsa soffrono le stesse carenze di personale di cui soffre il Pubblico soprattutto riguardo ai medici e ancor più agli infermieri. Non dimentichiamo che nel recente passato le Aziende Sanitarie Pubbliche hanno svuotato le Rsa di infermieri lasciandole sole ed inermi ad affrontare il Covid»

Suggerimenti, proposte?

«Piuttosto che perdersi in proclami allarmistici, Palese, del quale ho letto le dichiarazioni rilasciate al vostro giornale, farebbe bene a monitorare le attività dei Dipartimenti di Prevenzione, rafforzarli eliminando il divieto di assunzioni, rivedere la legislazione e i regolamenti regionali per semplificare e adottare modelli organizzativi di integrazione pubblico-privato per coprire l'assistenza in tutti i settori. Dal canto mio, con il collega Silvestroni, abbiamo presentato una proposta di legge per allentare i vincoli dell'esclusività e delle incompatibilità per gli infermieri in modo da rendere duttile e trasversale tra pubblico e pubblico, pubblico e privato e tra privato e privato la loro opera professionale perchè il fine ultimo deve essere quello di coprire l'assistenza in tutti i settori. C’è però un'altra verità che va svelata sulle Rssa».

Quale?

«Partiamo da un presupposto fondamentale: l'assistenza nelle Rsa e nei Centri diurni è un L.E.A. e come tale finanziato dal Fondo Sanitario Regionale ripartito alle Regioni. La Regione è tenuta ad accreditare tutti i posti letto e tutti i posti nei Centri Diurni per assicurare loro la quota sanitaria per il 50% della retta giornaliera e in casi di elevata intensità assistenziale il 100% della retta. Non accreditando le strutture o ritardando le procedure, non si procede con gli accreditamenti e quindi la spesa ricade per intero sulle famiglie e viene meno l'assicurazione di livelli di assistenza finanziati dallo Stato con il Fondo Sanitario Nazionale. Negli anni del Covid, le Rsa e i Centri diurni sono stati abbandonati dalla Regione che non ha osservato le circolari ministeriali che obbligavano le Regioni ad assicurare alle Rsa i Dpi e l'esecuzione sistematica di tamponi. Tutto sulle spalle dei gestori ai quali veniva imposto di non accettare altri inserimenti ed infine sono stati acquisiti dalle Rsa gli infermieri per portarli nel Pubblico nel mentre gli anziani, persone fragili, cadevano come birilli. Temo che la Regione persegua una politica di risparmio di spesa proprio su Rsa e Centri Diurni per anziani non autosufficienti e disabili. Io ne sono convinto ma è bene che si apra una discussione su tutti questi aspetti sentendo anche gli operatori delle Asl e i gestori delle strutture. Non basta far sentire la sola voce della Regione».

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